Bologna, 06/10/2014

IL CONSIGLIO COMUNALE RICORDA GIACOMO VENTURI, L'INTERVENTO DEL SINDACO VIRGINIO MEROLA


    .
Il Sindaco Virginio Merola è intervenuto oggi in Consiglio comunale per ricordare Giacomo Venturi, vicepresidente della Provincia di Bologna, scomparso il 4 ottobre. Al termine dell'intervento del Sindaco l'Aula ha osservato un minuto di silenzio.

Di seguito l'intervento del primo cittadino.

"Gentili consigliere e consiglieri, cittadini, mercoledì si svolgeranno i funerali di Giacomo Venturi, vicepresidente della nostra Provincia. Noi oggi insieme lo ricordiamo, partecipando al lungo commiato che è iniziato pochi minuti dopo la notizia della sua scomparsa. Già sabato sera alle 21 in piazza Maggiore, il saluto per le festività di San Petronio si è trasformato anche nell'omaggio delle persone presenti, che si sono alzate in piedi in silenzio al nome di Giacomo Venturi su sollecitazioni di Mons. Silvagni, al quale va tutta la nostra stima per le parole e il gesto che ha voluto fare.
Se ne va un amico e un collega per tutti noi. Una persona che ognuno di noi ha imparato a conoscere e a stimare, in tutti questi anni, per la sua competenza e preparazione, per la meticolosità che metteva nella predisposizione del lavoro amministrativo, per l'attenzione puntuale e discreta che dedicava all'essere presente per i suoi compiti di rappresentanza istituzionale nelle diverse occasioni della nostra vita di comunità. Sindaci e consiglieri, autorità civili e militari, comitati di cittadini e associazioni hanno sempre trovato la sua disponibilità all'ascolto e un interlocutore preparato, predisposto alla ricerca di soluzioni il più possibile condivise.
Venturi affrontava l'impegno istituzionale senza alcuna concessione alla superficialità e senza nessuna velleità di apparire o di rimarcare il proprio operato individuale. Non sbandierava i suoi meriti, ma si atteneva strettamente al merito delle questioni. Per lui la politica era soprattutto servire la propria comunità, era amministrare svolgendo al meglio il mandato ricevuto, con la disciplina e la dedizione necessaria per trovare soluzioni, applicare decisioni, in coerenza il più possibile tra i valori da salvaguardare e gli obiettivi da raggiungere. Una preparazione e una serietà che esprimeva tuttavia senza presunzione e con attenzione vera per le opinioni di tutti.
Gli piaceva, in privato, riassumere su ogni questione il tempo dedicato, i modi, i percorsi a cui si impegnava per arrivare a un risultato. Le infinite riunioni, gli incontri, la presenza ad ogni confronto richiesto dai comuni, in ogni comune della nostra provincia, e dai nostri quartieri. Lo faceva in privato, quasi mai in pubblico, questo riepilogo, come a cercare un conforto e un apprezzamento dalle persone che condividevano la sua passione per l'amministrazione. Questi riepiloghi privati erano i soli momenti in cui parlava in prima persona, in pubblico usava quasi sempre la parola noi, perché in fondo non si rassegnava all'idea di quanto potesse essere vanitoso l'essere umano e di quanto potesse essere ridicola ogni affermazione presuntuosa e roboante.
Come sappiamo aveva un gioco. Un gioco che volentieri giocava con tutti noi, lo avrete sentito tutti. Un giorno avrebbe voluto essere ministro della Difesa. E il gioco cominciava quando descriveva i gradi di ogni Corpo militare o di Polizia presente, o nel battere i tacchi quando incontrava autorità militari o civili. Era uno dei suoi pochi hobby privati che ci ha confidato, questo della passione per le divise, così come il costante ricordo del periodo di leva. Le rare volte che parlava del suo privato erano parole per la madre e per il fratello, o parole di affettuoso ricordo per esperienze di comunità, come appunto quella militare, che avevano segnato la sua esperienza di vita. Oppure erano parole con cui si affidava alla persona che condivideva il suo impegno per averne una specie di riconoscimento, un riconoscimento oggi mi è chiaro e nitido, e grave e pesante mi diventa dirlo con parole adeguate, un riconoscimento come di un legame famigliare, di fare parte, di essere quasi adottato. Molte volte, forse troppe volte, caro Giacomo, ti ho incitato a fare valere pubblicamente i tuoi meriti, lo facevi mal volentieri e in sostanza non l'hai mai fatto. Ti chiedo scusa, hai ragione tu. Non ogni desiderio, anche se libero e necessario, non ogni desiderio equivale a un altro, ma c'è una gerarchia dei sentimenti che ognuno di noi possiede nella sua coscienza e che va rispettato, e che può infrangere solo un incidente inaspettato, imprevedibile e ingiusto. Come l'incidente stradale che ti ha portato alla morte, ma che ti consegna a noi intatto nel ricordo di una vita che hai voluto spendere in un lavoro faticoso e serio, ma con l'allegria semplice del ritrovarsi a cena dopo l'ennesima riunione, nella convivialità ironica del commento divertito al trombone di turno, nel sapore ogni volta ritrovato della complicità dell'amicizia. Ciao Giacomo, ci mancherai".
      .