Bologna, 21/03/2014
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"Noi oggi stiamo votando questo ordine del giorno per esprimere solidarietà alle vittime della mafia. Tra le vittime vi sono i testimoni di giustizia, la categoria più fragile. Persone normali, chi fa il magistrato, il poliziotto, il sindaco, il giornalista, in una certa misura mette in conto i rischi del mestiere, dicevo, queste sono persone normali che si trovano loro malgrado stritolate nei meccanismi della mafia e che decidono di non starci. Persone che non provengono da ambienti malavitosi, che sono integrate nel tessuto economico e sociale del paese e che hanno assistito a eventi criminosi, o che hanno attività imprenditoriali e per le quali subiscono estorsioni e minacce. La nostra solidarietà è un gesto doveroso, questo consiglio comunale ha conferito la cittadinanza onoraria a Pino Masciari, ha testimoniato vicinanza alla figlia di Lea Garofalo, ma non bastano le parole, servono fatti concreti. Fatti che mancano. I testimoni di giustizia, la cui figura sarà legislativamente riconosciuta solo nel 2001 con la legge 45 nata dalla precedente legge per i collaboratori di giustizia (i pentiti per intenderci), si trovano abbandonati a loro stessi. Rita Atria, giovanissima, a 17 anni denuncia, rinuncia agli affetti, a 18 anni si suicida in seguito alla strage di via D'Amelio sentendosi completamente abbandonata. Lea Garofalo, sarà uccisa da coloro che aveva denunciato. Pino Masciari, imprenditore edile che denuncia le estorsioni subite. Nonostante il programma di protezione attivato nel 1997 spiega il suo calvario: “accompagnamenti con veicoli non blindati, con la targa della località protetta, fatto sedere in mezzo ai numerosi imputati denunciati, intimidito, lasciato senza scorta in diverse occasioni relative ai processi in Calabria, registrato negli alberghi con suo vero nome e cognome, senza documenti di copertura. Troppi episodi svelano le falle del sistema di protezione che dovrebbe garantire sicurezza per lui e la famiglia“. Lo stato istituisce la figura del testimone di giustizia e inizia il tira e molla tra revoche e ricorsi che lo vedono dentro a fuori dal programma di protezione. In tutto questo le sue aziende di costruzioni subiscono un duro stop. Gaetano Saffioti, vissuto al nord e a Bologna dal 1993 al 2001, imprenditore nel settore dell'edilizia, denuncia nel 2002 le estorsioni subite, la sua vita diventa blindata, perderà molte commesse, dipendenti, amici. Questa mia non vuole essere una lista completa dei testimoni di giustizia, l'intento è quello di spiegare come l'attuale legge sia inadeguata a far fronte alle condizioni di solitudine e abbandono in cui versano coloro che decidono di fare la cosa giusta e che, fornendo informazioni utili alle indagini mettono, a rischio la loro vita, quella dei loro familiari e il loro lavoro. Inadeguata a tal punto che persone come Luigi Leonardi stanno ancora aspettando che gli venga riconosciuto lo status di testimone di giustizia. Leonardi, imprenditore napoletano, a causa delle estorsioni, ha perso due fabbriche, i negozi e la casa. Negli anni ha subito minacce ed è stato sequestrato. Le sue dichiarazioni hanno portato a due processi. La sua famiglia non gli rivolge più la parola da 5 anni. E' di ieri l'ultimo articolo che racconta la sua storia di 12 anni di denunce, e dove emerge che “lo Stato lo ha lasciato solo. In balia di una camorra spietata che lo minaccia e che lo vorrebbe eliminare … Uno Stato indifferente, verso la condizione dei testimoni di giustizia, che volta la testa, rendendosi complice e connivente, lasciando passare il messaggio che la mafia vince. Un messaggio terribile: che la denuncia non serve a niente, se non a peggiorare le proprie condizioni. A 'cacciarsi nei guai'.”
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