Bologna, 15/03/2013
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"Signor Sindaco, gentili componenti di Giunta, colleghe consigliere e consiglieri, gentili autorità civili e militari, gentili ospiti, saluto anche con molto affetto le tante associazioni femminili presenti in aula. Celebriamo oggi la giornata internazionale della donna. Non si tratta di una festa, persino wikipedia sostiene che sia erroneamente chiamata così, non c'è nulla da festeggiare, semmai è da considerare come un'occasione, per accendere i riflettori su quelle conquiste sociali, politiche ed economiche di cui le donne sono state protagoniste, conquiste che hanno cambiato i nostri volti e insieme i volti dei paesi che abitiamo, sempre emancipandoli a loro volta, e per non tacere, allo stesso tempo, delle tante disuguaglianze da cui derivano, ancora oggi, numerose discriminazioni. Il lavoro è, tra queste, la più urgente: perché senza lavoro i diritti rimangono solo principi scritti sulla sabbia. Ricordo anche che questa ricorrenza fin dal 1977 è riconosciuta dall'ONU, con una risoluzione, che definisce l'8 marzo come "giornata per riconoscere il ruolo della donna negli sforzi di pace e nell'urgenza di porre fine a ogni discriminazione e di aumentare gli appoggi a una piena e paritaria partecipazione delle donne alla vita civile e sociale del loro paese". Quindi, non è una festa, ma un giorno per ricordare queste tante conquiste. Io vorrei partire da questo punto: e mi torna utile, a questo proposito, ricordare la "cronologia minima", così l'ha chiamata Caterina Soffici nel suo "Ma le donne no" (Feltrinelli 2010), ricorda che il 1963 è l'anno in cui viene abolita l'esclusione delle donne dai lavori negli uffici pubblici, e quella dell'accesso delle donne in magistratura, e quella della legge di divieto di licenziamento per le donne maritate. Mi riferisco al nuovo diritto di famiglia del 1975, che stabilisce finalmente parità tra i coniugi: stessi diritti e eguali doveri, al 1977, l'anno dell'approvazione della legge sulla parità sul lavoro, alla legge 53 del 2000, relativa ai congedi parentali, ancora, ricordo la riforma dell'articolo 51 della costituzione italiana, siamo appena nel 2002 secondo cui "la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini". Sono solo alcune date, pochissime in realtà, ma forse le più rilevanti, ma che danno il senso preciso di quei passi in avanti di cui dicevo prima. Queste date raccontano, meglio di altre, qual è stato il percorso delle donne in Italia nel mondo del lavoro, lo ricorda molto bene Chiara Valentini nel suo un po' datato ma ancora molto attuale "Le donne fanno paura?" secondo cui le donne sono entrate in massa nel mondo del lavoro negli anni '50, negli anni '80 hanno conquistato quei cosiddetti record, in lavori fino a quel momento non praticabili, non accessibili per le loro mamme, né tantomeno per le loro nonne. E qui, a mio parere, sta il punto principale: per la mentalità comune questo percorso, quello dell'uguaglianza e quello delle parità d'accesso, anche al mondo del lavoro, è da considerarsi ormai concluso. La parità, si pensa, è definitivamente realizzata e non ci resta che pagare le conseguenze (per esempio col doppio carico di lavoro pagato e non pagato) per la perdita di quei privilegi che di fatto consistevano, "in graziose concessioni". Tutti sanno che questa parità, di fatto, non è mai stata raggiunta. Prova ne è il fatto che discutiamo ancora di violenza maschile contro le donne, di una rappresentanza politico/istituzionale che fa ancora fatica a presentare appieno metà della popolazione italiana, e anche di diritti, come quello al lavoro, difficilmente esigibili. La fotografia, oggi che mostra il volto dell'occupazione femminile in Italia è impietosa: anzi i dati della crisi aggravano quanto sto per dire e cioè la persistenza ancora di differenziali salariali, si calcola che addirittura per le lavoratrici autonome esistano, a parità di lavoro, differenziali fino al 40% rispetto ai colleghi uomini, un record, questo si, quello del lavoro precario per le donne (per le giovani donne poi è un vero e proprio primato), un accesso, permanenza e uscita dal mondo del lavoro, con percorsi ancora molto diversi a secondo del sesso. Aggiungo, e questo è un altro nodo che vorrei ricordare, che tutte quelle che ho appena indicato, sono conquiste recenti il lavoro pagato per le donne è una conquista recentissima, e come tale, a mio parere, da considerare più fragili rispetto ad altri diritti nell'essere rivendicate, pretese, mantenute e anche, questo sarebbe il nostro auspicio, trasmissibili alle nuove generazioni. Per queste ragioni quindi il Consiglio comunale di Bologna oggi ha voluto riunirsi in forma solenne, ha deciso oggi di affrontare una questione: quello delle donne, del lavoro, dell'economia. Sono molto grata, l'ho detto prima ma lo ripeto, al presidente dell'Istat, Giovannini, per aver accettato il nostro invito a presentare i più recenti dati relativi a questo fenomeno. So che nei giorni scorsi sono stati presentati nuovi indicatori, quelli del benessere che ci illumineranno ancora meglio di quanto non sia stato fatto finora, la crisi attuale, e le differenze che esistono all'interno di questo fenomeno. Voglio ribadire però che il percorso legato all'accesso e alla permanenza delle donne nel mondo del lavoro non fa eccezione rispetto a tutti gli altri diritti: è un percorso faticoso, ricco di ostacoli, molti più di quanti non si voglia ammettere, talmente ricco di ostacoli, che mentre questo paese afferma nel 1971 il divieto di licenziamento delle madri fino al compimento di un anno di età del bambino, siamo nel 1971, assistiamo in questi ultimi mesi ad una nuova mobilitazione nazionale contro l'odiosa pratica delle dimissioni in bianco! Ma veniamo al caso bolognese, solo due parole su questo. Ho consegnato in questi giorni al Consiglio comunale i dati messi a punto dal settore bilancio relativi all'occupazione femminile nella nostra città. Vorrei ringraziare a questo proposito la Giunta, in particolare l'assessore al bilancio Silvia Giannini e il dottor Bovini che vedo presenti in aula di consiglio. Sono dati molto particolari perché ci consegnano una fotografia precisa: malgrado la difficile situazione economica, a Bologna rileviamo il tasso occupazione femminile più alto d'Italia, un primato che anche se non sempre allo stesso, a volte il primo a volte il secondo posto, pero' persiste ormai da qualche tempo sul nostro territorio. E' una cosa che ci fa sentire al sicuro relativamente a quanto accade ogni giorno, mentre leggiamo i bollettini di una guerra mai dichiarata, ma in corso, su tutto il continente europeo, una guerra che si chiama crisi? La più grave dal dopoguerra ad oggi? Io credo di no. A ben vedere, anche se il 63,7% delle donne a Bologna ha un lavoro pagato, si tratta spesso di lavori mal pagati, a parità di condizioni meno pagati di quelli maschili, spesso precari. La maggior parte dei contratti flessibili, a tempo determinato o parziale sono ricoperti da donne, da giovani donne. Aggiungo e questo è il dato più allarmante di quelli consegnati dal Comune di Bologna, che il tasso di disoccupazione a livello nazionale era nel 2008 il triplo di quello registrato nel bolognese, ma questo divario nel corso degli ultimi anni si sta via via riducendo, era il 6,7% a livello nazionale e il 2,2 % a Bologna nel 2008; è il 10,7% a livello nazionale 6,9% a Bologna nel 2012. Sono dati allarmanti, che ci spingono a tenere alta l'attenzione su questo fenomeno. Certo, come sempre, vale la vecchia, saggia, buona regola, ognuno faccia la sua parte: le politiche sull'occupazione stanno prioritariamente in capo al governo e alla dimensione europea. E noi non possiamo sostituirci. Anche volendo, non ne avremmo gli strumenti. A noi spetta piuttosto un'attenzione particolare: penso al rafforzamento di misure anticrisi che consentano di attenuare le ricadute di eventi tragici come la perdita di lavoro e il tempo necessario per trovarne un altro, l'ingresso alla cassa integrazione, penso all'attenzione al welfare locale, in particolare ai più piccoli, per i quali sarebbe un delitto negare il futuro per condizioni di svantaggio lavorativo dei genitori e ancora la promozione di tutte quelle azioni che possono favorire un dialogo costante tra imprese, rappresentanze sindacali ed ente locale. Su questi aspetti so che interverrà in modo più puntuale il Sindaco, e non mi dilungo oltre, voglio però, visto che siamo nella sede del consiglio comunale riunito in forma solenne, ricordare invece l'attenzione costante che in particolare la terza commissione, presieduta dalla presidente Lama, insieme con tutti i consiglieri, sta mettendo a questo proposito: ricordo le numerose udienze conoscitive svolte in questi due anni con dipendenti di aziende in crisi, per conoscere cosa sta succedendo sul nostro territorio, e deventualmente evidenziare se e dove ci sono soluzioni innovative messe a punto da alcune aziende e per affrontare le conseguenze della crisi. Ecco, io mi fermo qui. Vorrei, prima di dare la parola alla vice presidente del Consiglio comunale, prima di fare intervenire il presidente dell'Istat, mi preme affrontare un'ultima questione: noi oggi ci occupiamo di economia e lavoro con un paio di occhiali particolari: analizziamo questo fenomeno provando a capire cosa succede ad una componente del mondo del lavoro. Noi non l'abbiamo pensato come un'operazione di nicchia. Leggere questo fenomeno significa comprendere meglio le dinamiche del mondo del lavoro tutto e provare ad affrontare quelle disciminazioni che pure ancora esistono e che la crisi rafforza, non legate al merito, volglio ricordare che dagli anni '90 ormai le donne sono le più istruite in questo paese, ma l'essere legati all'essere uomini o donne. Ricordo a questo proposito le parole del Presidente Napolitano in occasione della celebrazione dell'8 marzo del 2012 ebbe a dire: "Bassi tassi di attività e di occupazione femminile rappresentano uno dei fattori di debolezza dell'economia italiana ai quali è necessario porre rimedio": non un problema solo per le donne, uno dei fattori di debolezza dell'economi italiana, al quale è necessario porre rimedio. Come dimostrano diverse ricerche, un incremento dell'occupazione femminile determinerebbe un importante aumento del PIL italiano. "Non c'è da stupirsi - diceva ancora il presidente della Repubblica - se nel nostro Paese a un tasso di occupazione femminile poco soddisfacente si accompagna un tasso di natalità tra i più bassi in Europa. Una riforma del mercato del lavoro che desse più sicurezza economica ai giovani, produrrebbe anche una maggiore propensione ad avere figli. E questo gioverebbe di certo alla nostra economia". Per questo abbiamo pensato che fosse necessario affrontare questo tema in Consiglio comunale convinti che abbia molto senso, oggi, accendere i riflettori sulla questione donne, economia e lavoro. Bologna è una città particolare: è quella in cui nel 1257, con Liber Paradisus, il Comune riscatta servi della gleba rendendoli cittadini, pagando egual prezzo per il loro riscatto per uomini e donne. Siamo nel 1257! E' la città che anticipa il primo asilo comunale due anni prima della legge nazionale, di 43 anni fa, è quella con l'indice di occupazione femminile più alto d'Italia: ecco, celebrare l'8 marzo per noi vuol dire che da qui non vogliamo tornare indietro".
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