Bologna, 27/01/2014
|
"Un saluto cordiale a tutte/i. In particolare vorrei salutare gli studenti e le studentesse che sono andati recentemente a Ravensbrück. E lo faccio con le parole di una testimone di quelle vicende che una volta che non poté partecipare a un incontro per fare memoria scrisse questo saluto: 'Mi rivolgo a tutti, particolarmente ai ragazzi, perché conoscere quel passato e' garanzia per il loro, per il nostro avvenire. Avvicinate quel passato, il vostro presente ne sarà rafforzato. Andate in quei luoghi funesti e non per un giorno. Studiarli porterà bene alla vostra vita, io lo so. Non limitatevi ad un giorno. Cercate soprattutto di vedere, di andare: tornerete migliori e più forti, la vostra coscienza ne sarà approfondita. Questo vi auguro' (Liana Millu). A me fa piacere collegare l'appuntamento di oggi a quello che abbiamo vissuto ieri al Museo ebraico dove è stata inaugurata la mostra dei disegni dei bambini deportati nel campo di Theresienstadt: innocenti più di tutti, vittime all'ennesima potenza i bambini hanno espresso il loro drammatico vissuto con una forma espressiva che è arrivata fin qui, fino a noi a costringerci a "misurare" la nostra determinazione a fare memoria e ad essere coerentemente e conseguentemente cittadini che non vogliono nei fatti che tragedie come quelle dell'olocausto possano ripetersi. Non è appena un rito questa giornata della memoria, così come non è un'esercitazione accademica il nostro dichiararci contro quelle efferatezze. Seriamente ma proprio seriamente dobbiamo anche oggi interrogarci sulla nostra vigilanza, sulla qualità della nostra vigilanza, sul livello di capacità di segnalazione di pericoli nella nostra convivenza, vicino e lontano. Fatti disgustosi come quelli capitati giorni fa, teste di maiale recapitate in luoghi ebraici, assieme ad altri fenomeni più o meno striscianti, più o meno eclatanti, penso per esempio alla violenza che corre sulla rete, sono uno straordinario indicatore di un malessere e di contorcimenti mentali che sarebbe da irresponsabili sottovalutare. O anche solo delegarne e appaltarne il rimedio a presunti addetti ai lavori. Bisogna che ci interroghiamo, noi non prima di tutto gli altri, noi, su comportamenti individuali, scelte educative, proposte politiche, ma anche su superficialità, omissioni, indifferenza, ignoranza.... Tutto può fare materia per scivolare la' dove almeno a parole proclamiamo di non voler tornare. Bisogna che sia netta, nelle parole e nei fatti, la presa di distanza: questo essere altro e altri rispetto alle barbarie contemporanee deve essere una luce evidente, che oltre a segnalare la scelta di campo di ciascuno di noi, stana, smaschera e isola ciò che spezza e corrompe irrimediabilmente la struttura fondante del nostro vivere insieme. Una volontà determinata e nitida di resistenza luminosa dunque deve essere quella che ricaviamo da ogni giornata della memoria. Io Non so se é opportuno e se conviene a un Presidente di Provincia, ma lo spazio dato quest'anno ai bambini della tragedia immane dell'olocausto, mi ha spinto a ricorrere alla conclusione di una breve favola di Rodari, per esprimere l'augurio e l'impegno che è per tutti noi, e in particolare per i più giovani, a voler essere ad ogni costo testimoni e custodi della dignità di ciascuno. Protagonista di quella favola e' un bimbo trasparente, di carne ed ossa ma si poteva vedere attraverso le sue membra: il suo cuore battere, i suoi pensieri guizzare, i segreti, le bugie, tutto evidente... tanto che lo chiamavano "Giacomo di cristallo": diventando adulto mantenne questa sua trasparenza. 'Purtroppo, in quel paese, salì al governo un feroce dittatore, e cominciò un periodo di prepotenze, di ingiustizie e di miseria per il popolo. Chi osava protestare spariva senza lasciar traccia. Chi si ribellava era fucilato. I poveri erano perseguitati, umiliati e offesi in cento modi. La gente taceva e subiva, per timore delle conseguenze. Ma Giacomo non poteva tacere. Anche se non apriva bocca, i suoi pensieri parlavano per lui: egli era trasparente e tutti leggevano dietro la sua fronte pensieri di sdegno e di condanna per le ingiustizie e le violenze del tiranno. Di nascosto, poi, la gente si ripeteva i pensieri di Giacomo e prendeva speranza. Il tiranno fece arrestare Giacomo di cristallo e ordinò di gettarlo nella più buia prigione. Ma allora successe una cosa straordinaria. I muri della cella in cui Giacomo era stato rinchiuso diventarono trasparenti, e dopo di loro anche i muri del carcere, e infine anche le mura esterne. La gente che passava accanto alla prigione vedeva Giacomo seduto sul suo sgabello, come se anche la prigione fosse di cristallo, e continuava a leggere i suoi pensieri. Di notte la prigione spandeva intorno una grande luce e il tiranno nel suo palazzo faceva tirare tutte le tende per non vederla, ma non riusciva ugualmente a dormire. Giacomo di cristallo, anche in catene, era più forte di lui, perchè la verità è più forte di qualsiasi cosa, più luminosa del giorno, più terribile di un uragano.' E le chiamano favole per bambini".
|