Bologna, 20/02/2015
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"Signor Sindaco, Signore Consigliere, Signori Consiglieri, autorità civili e militari, cari studenti, care studentesse, Saluto e ringrazio per esse qui con noi la signora Kerry Kennedy, presidente del del Robert F. Kennedy Human Rights, principale relatrice della seduta odierna. Voglio entrare subito nel merito delle ragioni per cui il Consiglio comunale di Bologna ha scelto di essere oggi riunito in seduta solenne. Esistono diversi auspici ricorrenti sull'8 marzo, giornata internazionale delle donne: il primo è che occorrerebbe celebrarlo con più' forza ogni giorno dell'anno e avendo noi iniziato le celebrazioni il 20 di febbraio, possiamo quasi sentirci al riparo da questa prima critica. Il secondo, ben più' radicato e insidioso, tende a dire che l'8 marzo e' una ricorrenza ormai superata, e quindi inutile, perché le questioni che pone, nei fatti, sono già state raggiunte. Vale la pena a questo proposito, ricordare che anche se negli ultimi decenni l'8 marzo ha assunto caratteristiche commerciali che certo non hanno favorito la conoscenza del suo spirito più profondo, quando si celebra, si riconosce quella tradizione politica che ha rivendicato emancipazione nei luoghi del lavoro e diritto di voto per le donne. Le origini sono ancora controverse, tra gli eventi cui si fa riferimento ci sono le lotte per il lavoro, un lunghissimo sciopero di camiciaie a New York, tra il 1909 e il 1910, un tragico incendio intorno al 1911 in una fabbrica di tessuti in cui persero la vita prevalentemente donne, come pure il suffragismo inglese e le manifestazioni di piazza con gli scioperi della fame per il diritto di voto promosse all'inizio del secolo scorso da Emmeline Pankrhust insieme a molte altre donne. Oggi celebrare l'8 marzo significa ricordare sia le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, sia le discriminazioni e le violenze di cui sono ancora oggetto in molte parti del mondo. Nei luoghi in cui vige la democrazia e la cultura dei diritti umani è diffusa, ogni donna sa di vivere una vita diversa dalle proprie mamme, molto lontana da quella delle proprie nonne e quindi certamente emancipata. Ma se ci facciamo aiutare dalla storia e guardiamo bene le date di queste conquiste e gli effetti delle stesse sulle nostre vite quotidiane, possiamo davvero affermare che la parità sia stata raggiunta? possiamo affermare che è stata acquisita per tutte in ogni paese? il fatto che il diritto di voto, l'accesso alle risorse economiche, politiche, sociali non esistano per molte donne in intere parti del mondo, rende questa una conquista a tempo indeterminato anche sul nostro territorio? Se infatti voltiamo il capo all'indietro per qualche istante, se fosse possibile rapidamente riavvolgere il nastro della storia, scopriremmo che la maggior parte delle conquiste che diamo per scontate sono recenti. Cento anni fa, nel nostro paese, per una donna non era possibile iscriversi all'università e non era possibile neppure insegnare. Cento anni fa le donne non ereditavano e non trasmettevano beni. Cento anni fa le donne non votavano e non potevano certo essere candidate. Cento anni fa il loro, anche se si chiamava lavoro, spesso non era pagato. Quanti di questi diritti, oggi per noi acquisiti, anche quando non pienamente raggiunti, possono considerarsi diffusi in tutto il mondo? Legare queste conquiste alla più' ampio lavoro quotidiano di diffusione dei diritti umani è l'auspicio, e l'impegno, che vogliamo oggi fare nostro dal luogo del Consiglio comunale di Bologna la cui storia più' autentica e profonda è, da questo punto di vista, emblematica: nel nostro gonfalone, alle mie spalle, e' scritto LIBERTAS, perché qui, nel 1256 l'Amministrazione comunale emancipa centinaia di persone, uomini, donne, adulti, bambini , li rende LIBERI dalla condizione di servitù, pagandone il prezzo del riscatto. Qui, più' recentemente, una delle medaglie esposte sul gonfalone ne e' testimonianza, uomini e donne partecipano attivamente alla lotta di liberazione e alla conquista di libertà e democrazia per il nostro paese tutto. Qui, quella lotta ha significato successivamente costruire servizi pubblici , a partire da quelli per l'infanzia, rivolti ai più piccoli abitanti della nostra città, perché diventare cittadini fosse una conquista effettiva. Ma noi, nessuno di noi, vuole rimanere ancorato ad un passato così importante e significativo senza scommettere sulla capacità di rinnovare quella memoria e esserne nuovamente interpreti. Per queste ragioni, per tutte queste ragioni, per noi è un onore poter interloquire con Kerry Kennedy che da diverso tempo presiede una delle fondazioni più prestigiose per la diffusione dei diritti umani il cui centro europeo ha base a pochi chilometri da noi, nella città di Firenze. Desidero, a nome del Consiglio comunale di Bologna quindi ringraziarla per aver accettato il nostro invito. L'occasione del confronto con Kerry Kennedye è per noi preziosa perchè nel corso del tempo ha personalmente contribuito ad accendere i riflettori su quelle persone che più si sono spese in questo ambito. In una pubblicazione, disponibile on line, (Speak truth to power: Coraggio senza confini) ha raccontato dei suoi incontri col Dalai Lama, con Elie Wiesel, Harry Wu, Vaclav Havel, con Vera Stremkovskaya e molti altri. Più recentemente ha voluto, sostenendo la mostra Ladies for human rights, che ospitiamo in Palazzo d'Accursio, ricordare quanto a donne di ogni provenienza si debbano la conquista, la difesa, la lotta per la diffusione dei diritti umani nel mondo. Che cosa sarebbe stata infatti questa battaglia se Anna Eleanor Roosevelt non avesse dato grande impulso alla Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo quando, nel 1948 presiedette i lavori della commissione che la approvò'? Che ne sarebbe stato di questo lungo cammino se Maria Montessori non fosse intervenuta in difesa della parità salariale tra uomini e donne, è una delle pagine delle sue azioni che meno si ricordano, poi sostenendo una pedagogia che riconoscesse l'unicità di ogni bambino e la necessità di far fronte al l'analfabetismo infantile? Che cosa sarebbe oggi questa battaglia senza gli interventi di Shirin Ebadi, avvocata in Iran, di Leyman Gbowee che con le sue azioni compreso la sciopero del sesso, in Liberia, pose l'accento sul fenomeno della violenza contro le donne e promosse un dialogo interreligioso tra fedi diverse; cosa sarebbe questa lotta senza il pensiero non violento e le pratiche pacifiste di Aung San Suu kyi e più' recentemente di Malala che ci ricorda quanto sia necessaria l'istruzione dei bambini e delle bambine per la crescita dei popoli e dei Paesi. L'elenco sarebbe molto lungo, ma anche ripercorrerne una sola parte, come fa la preziosa mostra di Marcello Roboani, curata da Melissa Proietti, restituirebbe una grande verità e cioè che la questione dei diritti umani e' indissolubilmente legata alla condizione delle donne che sono, storicamente, le più' escluse dal loro godimento e proprio per questo tra le protagoniste della loro rivendicazione più' netta. I numeri parlano da soli: 7 bambine su 10 nel mondo non vanno a scuola; nelle aree rurali le donne più fortunate lavorano fino a 10 ore al giorno per una paga di 3/4 dollari, tra le 2 e le 4 volte in meno rispetto alla paga degli uomini. La violenza contro le donne rimane un fenomeno diffuso, spesso impunito, e lo squilibrio tra i sessi è ben evidenziato dalla disparità di accesso alla politica e all'economia, e cioè nei luoghi in cui vengono prese le decisioni che riguardano tutti. Che fare? e' ovviamente la domanda che assilla tutti noi. E' mia opinione che celebrare, senza retorica, con impegno e forte senso di responsabilità l'8 marzo significhi, in Italia, impegnarsi per contrastare le disparità ancora oggi presenti e quindi contrastare la violenza contro le donne sostenendo in primo luogo i centri antiviolenza. Significa non dimenticare mai che in questa crisi profonda la disoccupazione ha prevalentemente un segno giovanile e femminile. Significa definire un nuovo impegno per il diritto alla maternità, oggi significa anche questo, da sostenere a prescindere dalle forme contrattuali, da tutelare a prescindere dal reddito, da sostenere con azioni concrete rivolte alle madri e ai bambini. Certamente non è lo stesso lavoro da compiere in altre zone del mondo dove l'accesso alla democrazia, all'istruzione, ancora al lavoro, sono questioni prioritarie. Ma non dimentichiamo che questioni come il contrasto alla violenza maschile contro le donne, come pure il contrasto alle differenze, culturali, politiche presenti e all'accesso alle ricchezze economiche, sociali, culturali e politiche del globo sono il filo rosso che ci unisce tutte. E ce né un altro, un altro filo rosso, che Kerry Kennedy ci invita, tutti i giorni a vedere, a riconsiderare, lei stessa ha affermato: 'Il tentativo di far valere la dignità della persona umana, ovunque nel mondo, è un'opera quotidiana che bisogna ricominciare ogni giorno d'accapo. E' una fatica di Sisifo, di cui non ci si deve stancare. (...) Non esistono soluzioni durature', e a questo Kerry Kennedy aggiunge 'dei tanti appelli degli esponenti della società civile tre mi sembrano importanti: congiungere sempre la lotta ideale a quella politica ed istituzionale; propugnare senza tregua la tolleranza contro ogni dogmatismo e fanatismo; manifestare la nostra compassione, che significa patire con l'altro, nei confronti di tutti coloro che soffrono al di là delle frontiere e delle barriere nazionali'. Ecco quindi, nuovamente ribadite le ragioni per celebrare l'8 marzo, e di non aver voluto farlo, a Bologna, una sede magari prestigiosa e importante, ma nel luogo della rappresentanza politico/istituzionale di una comunità, come una giornata di rinnovato impegno per contrastare le tante disparità di accesso alle risorse del mondo che attraversano, in ogni latitudine, le vite delle donne. Signor sindaco, signori consiglieri, signora Kennedy, permettetemi, di chiudere questo mio intervento invitando tutti e tutte voi a visitare la mostra Ladies For Human Right inaugurata ieri e che srà ospitata per un mese intero a palazzo d'Accursio. Incontrerete volti di donne noti e meno noti, tutti capaci, nelle loro vite, di contribuire a fare luce nei luoghi in cui il buio delle dittature, dei soprusi, delle violenze è ancora intenso. Tra questi vi invito a soffermarvi davanti al nuovo ritratto dell'edizione bolognese, è quello di Ilaria Alpi. Alla signora Luciana, cui rivolgo il nostro saluto più affettuoso, va il ringraziamento per avere saputo, in questi 20 anni di verità negata, tenere viva la memoria della figlia, che ha pagato, con la vita, l'essere il volto migliore del giornalismo: quello che indaga e che non si arrende alle verità scontate. L'edizione bolognese poi e' dedicata anche ad un'altra Lady, Julia Tamayo Leon, venuta a mancare di recente, attivista peruviana per i diritti delle donne, avvocata dei diritti umani. A causa di reiterate minacce di morte, nell'ultimo decennio aveva scelto di vivere in Spagna, dove fino al 2012 è stata specialista di genere e responsabile del dipartimento di ricerca dell'ufficio di Amnesty International di Madrid. Considero la violenza contro le donne l'effetto più' evidente della disparità di potere economico, politico, sociale presente nel mondo. E per questo è stato per noi molto importante che anche a lei fosse dedicata l'edizione bolognese della mostra. Al figlio Alonso Landa Tamayo, rivolgo il nostro ringraziamento più sentito per aver scelto di partecipare a questa seduta e per essere ancora parte delle giuste azioni della madre. Concludo ricordando che queste Ladies hanno un merito sopra tutto, ed è il vero senso dell'8 marzo, a mio parere il più profondo, quello di ricordarci che battersi per i diritti delle donne, scegliere di rappresentarli, avere il coraggio di nominarli non è solo la difesa di una parte, ma il sostegno alle migliori condizioni di vita per tutto il genere umano, perchè i diritti siano davvero universali".
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