Bologna, 17/09/2014

NETTUNO D'ORO A MARCO BELINELLI, LA PROLUSIONE DI MARCO SANGUETTOLI, STORICO ALLENATORE DELL'ATLETA


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Il Sindaco di Bologna, Virginio Merola, ha consegnato oggi pomeriggio in Cappella Farnese il Nettuno d'Oro - conferito a cittadini che abbiano onorato, con la propria attività professionale e pubblica, la città di Bologna - all'atleta Marco Belinelli.

La prolusione tenuta da Marco Sanguettoli, storico allenatore dell'atleta.

"Una grande emozione. Poi, vedere tanta gente del nostro ambiente, quello della Pallacanestro a Bologna è una cosa molto importante lo sappiamo, è molto forte e viene dai primi anni della nascita della pallacanestro e quindi sono molto contento. Ringrazio Marco perché mi ha fatto conoscere il significato della parola prolusione. Non ne conoscevo il significato, così mi sono documentato: è un termine che deriva dal Latino e che significa prima del gioco, deriva infatti dal verbo ludere, giocare. E la parola gioco mi ha fatto subito penare a Marco; poi lo ringrazio anche per un'altra cosa, io credo di mettere la giacca una volta ogni lustro e oggi nella giornata più calda di quest'estate lui me l'ha fatta mettere, quindi grazie molte!

Detto questo, torniamo al significato di gioco. La pallacanestro è un gioco e io credo che Marco abbia avuto il merito di trasformare quello che è un gioco e uno sport nel suo lavoro. Con tutti i sacrifici che comporta lavorare, con tutte le privazioni, con il fatto che la vita di un atleta e soprattutto di un professionista è diversa da quella di un ragazzo di 20 anni. E comunque ha sempre mantenuto la valenza di divertimento e di gioiosità, la valenza ludica di questa attività che lui sta compiendo con così tanto successo. Vi riporto subito un aneddoto che mi piace ricordare: lui a 16 anni giocava già in serie A nella nostra prima squadra, allenato da 'Boša' Tanjevic, che lo volle come giocatore importante della squadra Virtus e reduce da una trasferta a Madrid per una partita di Eurolega - allora noi facevamo l'Eurolega e spero che tra pochi anni torneremo a farla - eravamo impegnati a Cento in una partita cadetti di quelle che finiscono a molto poco. Beh, fu lui a chiedermi, prima che glielo chiedessi io, di poter venire a giocare con noi e fu incredibile vedere il piacere che emanava mentre giocava contro avversari decisamente inferiori a lui, divertendosi e facendo divertire i compagni e il pubblico sugli spalti. Mi ricordo anche un paio di schiacciate acrobatiche.

Questo è Marco, il piacere del gioco. Quindi, il primo grande alleato che lo accompagnato nella sua carriera è la passione. Non più tardi della settimana scorsa lo abbiamo invitato a parlare un po' con i nostri ragazzi del settore giovanile e la frase che ha ripetuto più volte è stata 'io da subito ho capito che volevo giocare', poi però lui è abituato ad alzare sempre l'asticella e gli obiettivi li vuole sempre più difficili, allora ha cominciato a dire 'io voglio fare il giocatore di pallacanestro' ed ecco il secondo grande alleato che è stato compagno di Marco che è la motivazione. Non ci deve più stupire che nel giro di cinque anni lui abbia giocato nel nostro massimo campionato e che sia stato sempre protagonista, sappiamo bene che è passato alla Fortitudo dove ha giocato 4 anni e ha vinto un campionato e non ci deve sorprendere il fatto che il 27 giugno del 20007 sia stato chiamato dai Golden State al Draft NBA. Perché poi lui diceva: voglio fare il giocatore e voglio giocare nell'NBA.

Mi raccontava che fin da piccolo guardava fino a tardi alla televisione l'NBA. Lui ha sempre amato questo sport. Una persona normale a questo punto avrebbe detto sono arrivato, ho raggiunto l'obiettivo, mi calmo, mi fermo un po' e lo avrebbe anche potuto dire nei successivi due anni che sono stati probabilmente i due anni più difficili della sua carriera in cui ha dovuto masticare amaro, giocava pochissimo e subiva critiche feroci da parte della stampa locale e anche della stampa italiana. Era accusato di avere poco carattere e suscitava il dubbio di poter essere adeguato al livello di competizione a cui si era avvicinato. Ma lui ha alzato ancora l'asticella perché voleva giocare nell'NBA, non solo guardare gli altri che ci giocavano. Ci è riuscito; infatti da lì ha iniziato a giocare da protagonista e a far crescere sempre di più i suoi obiettivi, infatti da lì ha cominciato a dire 'voglio vincere il campionato'. Quindi la scelta che ha fatto due anni fa di rinunciare a compensi molto più vantaggiosi in franchigie che però non avevano grandi obiettivi, scegliendo Chicago prima e San Antonio poi, credo che vadano letti in questo senso: lui voleva vincere e anche questo è un obiettivo che ha raggiunto. E guardate che quando è stato in crisi quei due anni, sono sicuro che da solo non ce l'avrebbe fatto senza gli alleati di cui vi ho parlato prima la motivazione e la passione. Sicuramente aveva anche una grande considerazione delle proprie potenzialità, ma aveva anche una famiglia, fratelli, madre e padre che gli è stata vicina e gli amici, che per lui sono quelli dell'adolescenza, non quelli delle prime pagine dei giornali. Ne vedo qui due che sono stati anche miei giocatori e che sono tra i suoi migliori amici, allora questo ci dice che Marco è un campione che ha dei valori importanti.

Vi voglio dire ancora una cosa, soprattutto ai non addetti ai lavori. Venticinque anni fa noi consideravamo le partite di pallacanestro, sopratutto quelle dei professionisti americani come dei film di fantascienza. Vedevamo dei James Bond in canottiera e calzoncini che giocavano a velocità e ad altezze incredibili per noi, con una padronanza tecnica assoluta. Noi non potevamo pensare di giocare neanche in un campetto contro questa gente. Vedevamo le gare del tiro da tre punti dove vincevano campioni come Larry Bird, Paul Pierce, Ray Allen e pensavamo che non ce l'avremmo mai fatta. E invece abbiamo vinto il campionato NBA e abbiamo vinto la gara del tiro da tre punti.

Che cosa è il talento? E' difficile definirlo, ma possiamo dire che di certo è predisposizione motoria, io insegno educazione fisica e ho studiato queste cose, e la predisposizione motoria ce la passano i genitori attraverso il DNA; è potenzialità atletica e anche questa ce la passano i genitori, ma si può migliorare con il lavoro; è controllo emotivo nei momenti di stress e di fatica e anche questa si può migliorare. Ma tutte queste qualità non hanno nessun senso senso se non ci sono la motivazione e la passione. La capacità di alzare sempre l'assicella ogni volta che si è saltata la misura precedente.

Ora Marco è un campione, una persona conosciuta e, anche se a lui non piace questa parola, è un VIP. Allora quando sono con lui è facile che i ragazzini o le persone lo fermino per un saluto o per chiedere una foto o un autografo. Guardate io non ho mai visto un minimo accenno di noia o di stanchezza in lui. E' il primo a essere contento di tutto questo. L'altro giorno quando era in palestra da noi alla fine volevamo fare una foto di gruppo unica con Marco in mezzo, ma poi i ragazzini hanno voluto ciascuno una foto da solo con lui. E lui è stato lì mezz'ora. La gente poi mi dice sempre che non pensava di poter parlare con una persona così importante che si comporta come il vicino del cortile. Ecco, lui non mette a disagio gli altri. E questo è un altro valore importante e concludo dicendo che siccome oggi i ragazzini che vogliono fare lo sport assorbono dai campioni tutto, purtroppo anche gli aspetti negativi, io credo che se riescono a capire che si può essere campioni pur rimanendo fedeli a valori importanti come la famiglia, come gli amici, come il luogo di nascita San Giovanni in Persiceto dove Marco ama stare quando è qua e che non è necessario fare una vita da persone distanti, snob, scostanti, o sopra le righe. Se capiscono che si può diventare campioni anche così, io credo che sia un insegnamento importante e che questo premio voglia anche dire questo. L'ultima cosa che dico è che se ora pensate di trovare un Marco che gongola, che si siede sugli allori, che si riposa e che vive di rendita vi sbagliate, perché lui ha alzato ancora l'asticella e farà ancora qualcosa prima di smettere di giocare e mi auguro che presto potremo festeggiare ancora una volta insieme a lui".
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