Bologna, 19/03/2015
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"Grazie presidente, un caro saluto alla signora Marina e alla signora Francesca, alle autorità civili e militari presenti, alle signore consigliere e ai signori consiglieri. Un saluto particolare al professor Bisoni e al professor Zoli che ci hanno aiutato, con dovizia di argomenti, a celebrare questo tredicesimo anniversario. Io penso che, tredici anni dopo, una affermazione netta la possiamo fare, questo ricordo dell'opera, della vita di Marco Biagi, un ricordo vero e autentico che ci tocca nell'emozione per quello che ha dovuto subire, l'assassinio infame, diventa ogni anno di più, anche con il contributo dei relatori ma per i fatti della nostra vita nazionale, un impegno civico. Io credo che davvero queste ricorrenze ci possano dimostrare quanto dell'operato e del lavoro intellettuale di Marco stia diventando un impegno civico condiviso nel nostro Paese. Un impegno civico in senso autentico, lo diceva già il professor Zoli, le idee di Marco Biagi, alla prova dei fatti, si stanno dimostrando ispiratrici di cambiamenti necessari già 20 anni fa, con la consueta fatica del nostro Paese ci si avvia sulla strada di questo cambiamento. Nessuno di noi è in grado di dire se Marco Biagi avrebbe firmato la legge del Jobs Act, ma sicuramente nessuno di noi è in grado di dire che l'operato di Marco Biagi andava contro i diritti dei lavoratori e che questo era un tradimento. Io credo che invece, cosa che ha capito la larga parte della maggioranza del nostro Paese, delle forze intellettuali, è che li' c'erano dei nodi che andavano affrontati e risolti con un contributo di idee possibilmente bipartisan, in un Paese che odia questo termine, perché sembra sempre un cedere a qualcun'altro parte delle proprie posizioni, senza ascoltarsi ma credo che il confronto, perché l'impegno civico è una cosa molto concreta, non solo una discussione attuale nel nostro Paese sul fatto di interrogarsi su come si può contribuire a modernizzare il diritto del lavoro, a vivere il conflitto sindacale, non necessariamente come un contrasto. A vivere il sindacato magari non come un problema ma come una soluzione. Se il sindacato è in grado di comprendere che il diritto non è incrementale ma che alcuni diritti con gli anni rischiano di diventare privilegi che impediscono di generalizzare il diritto, come il caso del precariato che abbiamo vissuto e stiamo vivendo nel nostro Paese, ma anche per il confronto internazionale che il pensiero di Marco permette alle nostre università, e in particolare a quella di Modena e Reggio, come abbiamo sentito. In questi tredici anni si è sedimentata una Fondazione, ci sono state conferenze di rilievo internazionale, dove si continua a cercare di far comprendere a noi tutti che parliamo molto spesso a vanvera, di globalizzazione che ogni tanto bisogna confrontarsi a livello internazionale, capire quali sono le tendenze, di queste fare tesoro, portare il proprio contributo ma tenerne conto nella concreta prassi del proprio Paese. Questa apertura noi la dobbiamo a Marco e questa sua capacità di stare nel merito indipendentemente dal Governo di turno, e cercare nel merito di fare dei passi avanti. E poi un impegno civico per la partecipazione, perché, vorrei ricordare, e voglio farlo come Sindaco di Bologna, che si è sedimentata una partecipazione fatta di conferenze, di confronti di studi, di ricerche ma anche di tante cittadini e cittadini che spontaneamente, in questa giornata ripercorrono con la bicicletta il percorso dalla stazione a casa di Marco e che ci tengono ad esserci, è quindi diventato un rito della nostra comunità e questo è un fatto importante, è un segnale che Bologna manda al resto del Paese: che ci possono anche non essere eterne faide ed eterni rancori, ed eterni sospetti rispetto al fatto che c'è qualcuno che semplicemente cerca di contribuire, come ha detto il professor Bisoni, "a creare la voglia di migliorare le cose". Non è stato un errore di Marco ma suo malgrado ha dovuto subire quello che ha subìto, suo malgrado ha dovuto subire il fatto, e questo è importante ricordarlo anche in questi giorni, che le sue richieste di protezione sono state sottovalutate e sono state negate e, in qualche caso, sono state ridicolizzate e quindi dal punto di vista etico non c'è prescrizione che tenga, questo è il mio modesto parere. Credo che si siano fatti passi avanti sull'accertamento della verità ormai, questo aspetto è un aspetto che non fa onore alla nostra Repubblica. Questo lo dico perché - vedete - ci sono state delle scritte, lo avete richiamato, ebbene io vorrei soffermarmi sulla scritta che ha riguardato Marco: "Infame". C'è una generazione, la mia - guardo alcune persone qui dentro - io so da dove viene quella parola 'infame'. Quella parola 'infame' viene non dalla lettura del De Amicis e di Franti, viene da una specifica ideologia che pensa che se io non la penso come te sono un traditore, che pensa che rivolgersi alla magistratura e alle forze di Polizia, a chi fa il proprio dovere di cittadino in uno stato democratico, significa fare delazione. Quella cultura si annida ancora nella nostra società civile. Io spero che non sia stato un giovane a scrivere quell' 'infame', spero che sia stato un sessantenne come me che non è ancora diventato adulto, o se lo è diventato lo è diventato in maniera negativa per la vita democratica del nostro Paese. Però attenzione a quella parola 'infame', perché - vedo qui dei rappresentanti dell'associazione Libera - noi andremo tutti insieme sabato a manifestare insieme in solidarietà di tutte le vittime delle mafie, delle stragi e ricorderemo anche il nome di Marco Biagi. E 'infame' è una parola che usa la mafia perché chi fa la spia alla mafia è un 'infame' e, in una parte del nostro Paese questa parola, 'infame' è usata nel senso che, se tu ti raffronti con lo Stato democratico sei una spia e un 'infame'. Si parla di legalità e si parla di cultura. Per difendere la legalità bisogna difendere la cultura innanzitutto, il nostro modo di vedere il rapporto con gli altri e con le istituzioni. Io credo che siano infime minoranze ma credo che noi non dobbiamo sottovalutare queste cose così come non dobbiamo sottovalutare - permettetemelo al di là di tutte le opinioni differenti - che ci siano scritte contro un procuratore della nostra Repubblica in questa città. E le scritte siano già tre. Io credo che sia mio dovere, come Sindaco, dire: "evitiamo di sottovalutare le protezioni dei nostri magistrati e di ridurre questi fatti a fatti folcloristici di minoranze idiote", sono minoranze idiote ma come abbiamo visto, possono anche fare cose che oggi noi non riusciamo a prevedere e non dobbiamo assolutamente sottovalutare niente da questo punto di vista. Tutto ci dice nel Mondo, e i fatti che sono successi in Tunisia ieri ce lo dimostrano, che il terrorismo è il principale nemico della nostra democrazia, sia su un attentato individuale che su un attentati di massa. Tutto ci dice che quando le crisi delle nostre democrazie, e la crisi italiana dura da tanto, richiedono un intervento riformatore, entrano in campo meccanismi che mettono in discussione l'ordinamento democratico, nulla da' più fastidio del riformismo in questo Paese, a cui si aggiunge uno scenario internazionale davvero preoccupante. Io credo che noi dobbiamo insieme conservare la memoria di quanto è accaduto, sapergli dare valore, renderla attuale con il nostro impegno e con la nostra partecipazione e insieme dobbiamo sapere ricordare i nomi di tutte le vittime e dobbiamo saperlo fare con l'impegno che ci assumiamo con la nostra vita quotidiana, e sapere dire dei no e sapere dire dei si, e assumerci le nostre responsabilità. In fondo questo chiedeva Marco, questo ci ha testimoniato, questo gli dobbiamo".
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