Bologna, 27/01/2014

GIORNO DELLA MEMORIA, SEDUTA CONGIUNTA DEI CONSIGLI COMUNALE E PROVINCIALE, L'APERTURA DELLA PRESIDENTE SIMONA LEMBI


    .
Di seguito, l'intervento della presidente del Consiglio comunale, Simona Lembi, in apertura della seduta solenne congiunta dei Consigli comunale e provinciale dedicata al Giorno della memoria.

"Gentile Sindaco, gentile signora Presidente, signori e signore Consiglieri, autorità civili, militari e religiose

Insieme al Sindaco, nella giornata di ieri abbiamo visitato la mostra dei disegni dei bambini prigionieri nel campo di Teresin, che il Museo ebraico ospita fino al 2 marzo e, insieme, abbiamo voluto esprime parole di condanna per quanto accaduto nella capitale nei giorni scorsi. Tre pacchi contenenti teste di maiale sono stati indirizzati rispettivamente alla Sinagoga, all'Ambasciata di Israele e a un Museo romano dove è in corso una mostra sulla Shoa. Ad aggravare, se si può aggravare un gesto come quello, l’oltraggio rivolto a una comunità di credenti e agli italiani tutti, la scritta ignobile, apposta su un muro della capitale, “Anna Frank bugiardona” a fianco di una svastica. Oggi, in apertura della seduta solenne che celebra la Giornata della memoria, desidero manifestare un sentimento di solidarietà e di vicinanza alla Comunità ebraica di Roma, e rinnovare il nostro sentimento di vicinanza a quella di Bologna, sapendo con quanta apprensione, a sua volta, ha seguito i fatti della capitale. Nessuno pensa che sia casuale che questi fatti siano avvenuti alla vigilia delle celebrazioni della Giornata della memoria, e alla vigilia, lo ha ricordato bene stamane il Rabbino capo di Bologna in Sinagoga, di una giornata molto importante per le comunità ebraiche come lo Shabbat.

Da una parte un gesto che è stato definito oltraggioso, provocazione disgustosa, intimidazione in stile mafioso, e bene hanno fatto tutti i rappresentanti delle istituzioni nazionali in modo unanime a definire con queste parole quel gesto e dall'altra un sentimento che tende a negare quella che è stata la Shoa, i campi di sterminio la morte la morte di 6 milioni di uomini e donne, accusando di falsità l'autrice di un diario omonimo, morta adolescente a Bergen Belsen.

Quanto accaduto a Roma ripropone ancora una volta una questione di fondo, e la questione non è se ha senso una giornata che promuove la memoria di questi fatti, ma a 70 anni dai fatti, a 80 anni dalle leggi che hanno avviato questa fase storica nel nostro Paese, fatti che ricordiamo oggi, e a 14 dall'istituzione della Giornata della memoria, siamo stati all'altezza dell'appello a non dimenticare che alle istituzioni è stato rivolto da parte dei sopravvissuti e al dovere di contrastare, fin dal loro apparire, quei tanti, troppi segnali di intolleranza, di odio, di disprezzo nei confronti delle differenze e delle diversità, e la ricomparsa in tutta Europa, di movimenti e opinioni che ricordano o che esplicitamente si richiamano al nazismo.

Noi tutti temiamo che prevalga l'indifferenza che può derivare da una profonda delusione quando la memoria non diventa patrimonio collettivo. Ed è anche per questo che, a Bologna, insistiamo sul fatto che di queste celebrazioni si facciano carico le istituzioni, a partire da quelle che rappresentano direttamente i cittadini e le cittadine del nostro territorio. In parte per raccogliere la testimonianza di coloro che direttamente hanno vissuto l'esperienza della deportazione, e che oggi, per ragioni di età, fanno sempre più fatica a testimoniare, ma soprattutto perché episodi come questi vanno oltre le vite dei singoli e hanno bisogno, per essere trasmessi con tutta la loro portata ,di non rimanere solo sulle spalle di chi ha già fatto la fatica a raccontare, o di chi non è riuscito a farlo, ma comunque ha vissuto quel periodo e quei fatti ma di camminare sulle pratiche e sulle scelte politiche delle istituzioni, oltre che dei nostri gesti della vita quotidiana.
Proprio stamane, un ex deportato ad Dachau, presente alla cerimonia in Certosa, quella che ricorda i militari e gli zingari perseguitati e deportati nei campi di concentramento, mi ha detto "quando hanno istituito la Giornata della Memoria mi hanno fatto un regalo, mi hanno fatto un regalo perché non ero solo più io a ricordare". E così abbiamo voluto che anche a Bologna il 27 di gennaio costituisse una delle date di quel calendario civile che il Consiglio comunale e provinciale, in forma congiunta, ogni anno celebrano. E' vero c'è sempre un rischio in queste cerimonie, e cioè che si ricada nella vuota retorica e per questo le iniziative istituzionali che promuoviamo, insieme con un tavolo istituzionale di cui fanno parte Regione, Comune, Provincia, la comunità ebraica e diverse istituzioni storiche del nostro territorio, hanno sempre un duplice obiettivo. Il primo è quello di voler dare valore alla memoria e di farlo a partire dalla conoscenza di quei fatti e il secondo è quello di rivolgersi alle nuove generazioni.

Per ricordare infatti bisogna prima capire. Capire perchè l'uomo storico si è comportato in un certo modo, quale fu il contesto, quali furono le condizioni che resero possibili quelle gesta e quei fatti. In questo ha un ruolo centrale anche la scuola, e ogni anno, voglio ricordarlo nella seduta solenne dei Consigli comunale e provinciale del nostro territorio, sosteniamo insieme con la comunità ebraica e con l'Aned, un viaggio in uno dei campi di concentramento e di sterminio disseminati in Europa. Troppi, troppi da ricordare tutti quanti.

Nel 2011 siamo stati a Mauthausen, nel 2012 ad Auschwitz a Birkenau, l'anno scorso a Ravensbrueck e a Sachsenhausen.
Sentiremo a breve il racconto di quell'esperienza, e vorrei dirlo subito, desidero a nome di tutti esprimere la nostra gratitudine alle studentesse e agli studenti per aver scelto, nessuno gliel'ha imposto è stata una scelta, di compiere uno di questi viaggi e di avere voluto così approfondire le ragioni della deportazione, le condizioni di disumanità a cui venivano sottoposti gli internati, la loro eliminazione nelle camere a gas. Sentirete dalle loro voci la partecipazione, il bisogno di conoscere quanto è fuori da ogni comprensione, i continui collegamenti tra quello che è stato in passato e quello che oggi accade, la voglia di essere loro stessi ambasciatori di memoria.

Il campo di concentramento di Sachsenhausen, uno dei più grandi in Germania, è il campo di sterminio tristemente famoso soprattutto per l’alto numero di prigionieri omosessuali, non furono solo a Sachsenhausen, ma lì ne furono uccisi moltissimi. Il campo di Ravensbrueck, definito “l'inferno delle donne”, è stato il principale campo di deportazione femminile in tutta la Germania, e la nostra scelta di volere approfondire ogni anno queste questioni, è quella di cercare di gettare nuova luce sul fenomeno della deprtazione.

Ce lo ricorda un grande studioso di questi fatti, Georges Bensoussan, è stato nostro relatore in una delle sedute del Consiglio comunale e provinciale in forma congiunta, diceva "La commemorazione, dice Georges Bensoussan, dovrebbe avere la missione di ricordare l'umanità in ogni vittima dello sterminio”, e in un bellissimo volume di Daniela Padoan "Come una rana d'inverno", ricorda le parole di Levi, in un bellissimo volume che ricostruisce attraverso le testimonianza di Liliana Segre, di Goti Bauer, di Giuliana Tedeschi, una parte dell'esperienza femminile nella deportazione “un libro sulla deportazione di tre donne, vuole essere un passo in tal senso perché dopo Auschwitz, è in questione il nostro stesso statuto di esseri umani, non intesi come un'astratta categoria di umanità, ma come un insieme fatto di uomini e donne, non riconducibile all'orizzonte totalitario dell'uno, dell'universale, ma declinabile nel riconoscimento di ogni diversità”.

Gentile Sindaco, gentile Presidente Draghetti, signori e signore Consiglieri, autorità civili, militari e religiose
oggi siamo qui perché abbiamo l’onore e non solo il dovere della memoria, perché crediamo nella dignità dell’uomo, perché crediamo in quegli articoli della nostra Costituzione che parlano di lotta alle diseguaglianze e alle discriminazioni, perché crediamo nell'Unione Europea come unione di popoli e di libertà, di libertà conquistate, ancora prima che di unità monetaria, perché crediamo nella democrazia, nella libertà e nella giustizia sociale.
Sappiamo che è difficile farlo ma non vogliamo fare altrimenti. E non ci limitiamo a convegni e dibattiti che pure sono necessari per approfondire al conoscenza di quelle questioni, noi coltiviamo la memoria giorno per giorno.
Questo Consiglio comunale, nonostante viviamo un tempo di gravi ristrettezze della finanza pubblica, in questi anni non ha mai rinunciato a essere presente nel giorno della memoria. Perchè vogliamo ricordare, e lo facciamo anche andando là dove la memoria ha lasciato le ferite più profonda alla nostra umanità: Mauthausen, Auschwitz, Birkenau, Ravensbrueck, Sachsenausen. E continueremo ancora, insieme agli studenti, alla comunità ebraica, agli ex deportati, senza farci intimidire.

Quello di visitare i campi di concentramento e di sterminio è un modo per toccare da vicino le esperienze chi visse l’inferno in terra. Penso ad esempio, e voglio ricordarlo oggi in questa seduta, alla famiglia del signor Baroncini, di Bologna, marito, moglie, tre figlie: tutti deportati. Lui perderà la vita a Mauthausen, le donne deportate a Ravensbruk, le figlie costrette ad assistere impotenti alla morte della madre. Solo due torneranno a casa. Ho sentito in questi giorni Nella Baroncini, per invitarla a questo Consiglio. Per tanti anni Nella Baroncini, come tanti altri deportati, è riuscita a raccontare agli studenti di Bologna la sua esperienza di deportata. Non ha potuto partecipare oggi, ma è presente qui, in Sala di Consiglio, sua nipote che saluto con vivo affetto. Nella Baroncini, a me, come agli studenti ha sempre detto: non raccontate di me, io sono una delle tante, raccontate quei fatti. Ecco quindi spiegata la ragione per cui siamo qui, in una seduta solenne del Consigli comunale e provinciale, intendiamo continuare a ricordare e a fare memoria".
      .