| ![]() | ![]() |
Bologna, 14/10/2013
|
"Priebke ovvero della memoria. Nei campi di concentramento non c'erano camere a gas (…) ma solo immense cucine. Già durante la guerra gli alleati hanno cominciato a fabbricare false prove contro i nazisti", "Ancora oggi, se prendiamo le mille persone più ricche e potenti al mondo, dobbiamo constatare che notevole parte di loro sono ebrei." Sono frasi di Erich Priebke, morto l'11 ottobre a Roma. Il gerarca Nazista, colpevole e condannato all'ergastolo per la strage delle Fosse Ardeatine del 24 Marzo 1944, in cui 335 civili e militari furono fucilati come rappresaglia per un attacco partigiano che aveva provocato la morte di 33 militari tedeschi. Sono frasi rilasciate poche settimane prima della morte a compimento di un secolo di vita. Se mi si permette, un ultimo schiaffo, pesante, alla comunità ebraica ma non solo, alla comunità internazionale e alla memoria. "Si tratta del mio modo di vere il mondo, i miei ideali" continua nel suo testamento. Le sue parole mettono amarezza, gettano nello sconforto. Quante volte ancora dovremo visitare un campo di concentramento, quanti monumenti alla memoria si dovranno ancora erigere perché certe idee muoiano con chi le ha generate o sposate? Quelle frasi, quelle idee ci riportano al dovere che abbiamo di fare in modo che si ricordi, che si faccia memoria. È l'unico modo possibile. Non ce ne sono altri. La convivenza europea ha questo come suo cardine, non lo dobbiamo scordare e anche da Bologna dobbiamo operare non solo perché ogni anno un gruppo di studenti visiti quei posti dell'orrore ma perché si faccia ancora di più, cercare di rendere gli studenti testimoni dell'orrore e farne a loro volta persone impegnate nel racconto e nell'operosità. Priebke e la sua visione del mondo non sono ancora sconfitti, sono latenti e operanti. L'odio del diverso, dell'altro e della sua cultura, il razzismo, la superiorità di alcuni su altri. Tutti pensieri da sconfiggere che sono ancora vivi. Mi impegno fin da ora a cercare, insieme alla Presidenza del nostro Consiglio che già si adopera molto, forme nuove di cooperazione con altre città europee, a partire dalla rete delle città contro razzismo e xenofobia di cui Bologna fa parte e che vede la nostra città tra coloro che hanno contribuito a fondare quella rete di città. Quello che faremo non sarà mai abbastanza e ogni euro speso per farlo sarà un segno di costruzione dell'Europa vera e dei cittadini dal basso, contributo che Bologna ha il dovere di dare. Lo dobbiamo a chi, anche nelle nostre terre, è morto, per donarci la libertà".
|