Bologna, 02/08/2013

2 AGOSTO, XXXIII ANNIVERSARIO: IL DISCORSO DEL SINDACO VIRGINIO MEROLA


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Trasmettiamo l'intervento del Sindaco di Bologna, Virginio Merola, tenuto in Piazzale Medaglie d'Oro, in occasione della commemorazione del XXXIII anniversario della strage alla stazione del 2 agosto 1980.

"E' appena stata inaugurata la nuova stazione dell’Alta Velocità, la più importante d’Italia, migliorerà col tempo, ma rispetto a trentatré anni fa ha accorciato di un bel po’ le distanze tra Bologna e il resto del Paese, e se devo fare un’analogia… bene …che sia un segnale,
le distanze dalla verità si stanno accorciando, perché non dimenticare è come uno strano e unico treno, a cui più aggiungi carrozze, più va veloce, e le carrozze che si aggiungono sono piene di vita nuova che ha sete di sapere.

Quindi non dimenticare prevede non solo ricordare e tramandare, ma non chiudersi nella rassegnazione, dopo 33 anni è la cosa più difficile da fare,
far sì che non si tratti di una normale e dovuta commemorazione, far sì che ogni volta il 2 agosto diventi un evento autentico che aggiunge qualcosa di nuovo nei cuori e nelle teste dei bolognesi e dei cittadini di questo Paese.

Cosa aggiungiamo ogni volta?

Aggiungiamo vita. Sì, vita. Vita della nostra città, vita dei nostri giovani, vita nel riconoscersi.
Bologna ha questo formidabile senso della vita
quel senso che fa sì che i nostri ricordi restino vitali nelle menti di chi ha una vita davanti.

Ogni anno noi facciamo lo stesso percorso, camminiamo per strada e arriviamo alla stazione, ogni anno questo camminare in strada è tutt'altro che un fatto retorico, sentiamo il rumore dei nostri passi e sappiamo che anche chi non c’è, c’è lo stesso perché ciascuno ha i suoi sentimenti, le sue idee,
qualcosa che nella sua vita dice “arriverà mai la verità?”.
E aspetta, non importa dove sia alle 10.25 del 2 agosto 2013, importa che non ha smesso di pensarci.

Cosa aggiungiamo ogni volta?

Questa volta aggiungiamo pezzi di città, quest’anno non c’è solo la strada che percorriamo per andare in stazione, ma tante strade, ciascuna intitolata a una delle vittime.

Intitolare delle vie della città a chi ha perso la vita quel giorno di trentatré anni fa è un gesto di nuovo vitale, trasforma la memoria in un percorso fisico, in un luogo di vita, una strada, una vena della città, un posto dove ci si incontra e si vive.
Da una lapide a tante strade, una strada per ciascuno dei nostri morti, perché ciascuno dei vivi lo onori con i propri passi e quella via diventi parte della loro vita di ogni giorno.

Una cosa è chiara, questa non è ormai storia, qualcosa di remoto per i nostri giovani.
Quella maledetta bomba, e i morti che ha fatto, non è ormai qualcosa di remoto e lontano, è qualcosa ancora molto attuale, presente che non si può ridurre a un fatto antico.

Dire che non è storia passata ma una ferita presente significa dire che finché la verità non verrà fuori la storia non si chiuderà mai, questo debbono sapere i nostri giovani, noi lasciamo loro non una storia antica ma un compito presente, oggi per domani, per tutto il tempo necessario, una staffetta dove il testimone si passa di padre in figlio, da madre a figlia, da amico ad amico, e noi continueremo a passarci il testimone finché tutti i colpevoli verranno fuori.

E continueremo a farlo dando il nostro appoggio alla associazione dei familiari delle vittime del 2 agosto, a cominciare dal fatto che sia applicata finalmente la legge per il risarcimento dei familiari e che si discuta e si approvi una legge per introdurre il reato di depistaggio.

Così come il Ministro Graziano Delrio a nome del Governo oggi ha assicurato.

E continueremo a farlo con la nostra presenza e la nostra partecipazione.

Ricordare le vittime significa ricordare persone a cui è stata tolta la vita perché considerate irrilevanti, perché considerate masse indifferenziate.
Cose trascurabili e sacrificabili per la lucida follia terrorista e per gli scopi ignobili dei loro mandanti. Ricordare queste persone allora, piantare la memoria della loro esistenza concreta significa rifiutare, disprezzare l'idea totalitaria e antidemocratica che considera donne e uomini come mezzi sacrificabili, che considera le persone che si riuniscono insieme come folla stupida, come massa simile ad un gregge.

Da trentatré anni noi stiamo dimostrando che può esserci invece una intelligenza collettiva, fatta di persone pensanti, che con idee diverse sono capaci di ritrovarsi per una comune e condivisa domanda di verità e di giustizia.

Perché non dimenticare ha senso profondo solo se risponde a un bisogno di rinnovamento, di voltare pagina, di risolvere in meglio, di poter davvero come comunità nazionale ricominciare insieme.

La presenza e la vicinanza, la ritrovata attenzione delle più alte cariche della nostra Repubblica con il Presidente Laura Boldrini ci conforta e ci sostiene in questo impegno civico che ci accomuna da trentatré anni.

Come una promessa da mantenere.

Come una speranza ostinata.

La speranza che finalmente che questa nostra amata Repubblica ritrovi, nella verità e nella giustizia, la capacità e la possibilità autentica di dire “ NOI”.
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