Bologna, 08/07/2015
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"Grazie. Sono commosso, sono emozionato per questo gesto straordinario, signor Sindaco, per questo onore eccezionale che mi fate di diventare cittadino onorario della vostra città, una città che per qualunque cittadino del mondo è un privilegio visitare, e io ho avuto l'eccezionale privilegio di visitare. Una città che con me è stata molto cortese, mi ha invitato più volte a tornare, è diventata anche un'abitudine per il mio lavoro essere qui. Una città che ha voluto conferirmi una laurea ad honorem, l'Università di Bologna ha voluto conferirmi questa laurea della quale io sono molto grato alla città e all'Università. E una città che ha creato una Grameen Foundation, che è un onore per noi perché è una fondazione che porta avanti le idee che noi vogliamo promuovere in tutto il mondo e che le porta avanti anche qui a Bologna. E' una città che oggi compie l'ultimo miglio concedendomi l'onore di diventare cittadino, un onore e un raggiungimento che non avrei mai sperato di poter avere. Ringrazio lei Signor Sindaco, il Consiglio comunale e tutti i cittadini di Bologna di avermi dato questo così speciale onore. Prometto che svolgerò il mio ruolo come cittadino di questa città al meglio delle mie possibilità. Siete stati così gentili che, per farmi sentire a casa, avete perfino adeguando la temperatura oggi. Posso dirvi che mi sento pienamente a casa! E così, circondato dai miei amici, la presidente della Camera Laura Boldrini, il sindaco Merola, il professor Romano Prodi, la professoressa Luisa Brunori e il rettore dell'Università io mi sento praticamente a casa. Gli avete sentiti parlare con tanta eloquenza di me, soltanto gli amici esagerano così tanto e io, mentre parlavano, mi sentivo come alla mia festa di compleanno, tutti i miei amici sono qua e dicono delle cose così carine sul mio conto, è una continuazione del mio compleanno perché solo dieci giorni fa ho compiuto 75 anni. La mia famiglia sarà molto gelosa del fatto che io sono qui da solo a celebrare questo mio compleanno. Avete già sentito parlare della Grameen Bank, non voglio ripetervi quello che avete già sentito, voglio soltanto sottolineare una cosa che mi ero ripromesso di dirvi. Quello che io ho fatto nel 1976 è stata pormi e porre una semplice domanda "perché le banche non prestano denaro alle persone povere?" e per mia fortuna ho cercato di studiare il perché e come fare a dare finanziamenti a queste persone, e alla fine ha funzionato. E non ha funzionato soltanto nella piccola cittadina in cui io lavoravo accanto al Campus universitario ma ha funzionato e si è allargato in tutto il mio paese e in altri Paesi e in tutto il mondo oggi. Facciamo la stessa cosa anche negli Stati Uniti, ci sono 18 sedi della Grameen Bank e finanziamo persone negli Stati Uniti esattamente nello stesso modo in cui facciamo in Bangladesh, facciamo programmi anche lì. Quindi la domanda che mi posi all'epoca: "può essere fatto?" Ha trovato una risposta nel "si, può essere fatto!" E poi ho sfidato il sistema bancario, un sistema bancario che era illogico perché dava soldi a chi i soldi li aveva già e non dava soldi a quelli che erano poveri e che avevano bisogno di soldi, un sistema totalmente illogico dal mio punto di vista. La maggior parte del problema che è stato creato nel mondo, che la presidente Laura Boldrini ha spiegato poco fa, e cioè che la maggior parte delle ricchezze sono nelle mani di poche persone e ci sono molte persone che sono povere è proprio a causa delle banche, il sistema bancario è responsabile perché va avanti dicendo "questo è quello che dobbiamo fare" e vanno avanti dicendo questa è la cosa giusta ma questa non è la cosa giusta questa la cosa sbagliata. E quindi noi abbiamo un ordine del giorno ambizioso in cui c'è scritto che noi dobbiamo ridisegnare il sistema bancario così che a nessuno venga rifiutato credito. E poi abbiamo iniziato ad analizzare altri problemi delle persone meno abbienti, problemi di cure sanitarie, problemi di alloggio, problemi di igiene, quindi abbiamo cominciato ad affrontare anche questi e a trovare delle soluzioni. Cosa faccio io quando analizzo un problema? Cerco di risolvere questo problema nelle persone immediatamente vicine a me ma lo faccio creando business, non lo faccio dando la carità. Allora io ho creato tante di queste imprese, più di 60 in Bangladesh. Ciascuna di queste si rivolge ed affronta uno specifico problema ma è un tipo di impresa completamente diverso. E' un'impresa che mira a risolvere problemi piuttosto che a guadagnare soldi per se stessa, un'impresa sociale cioè delle società senza dividendi che usano i propri profitti per risolvere i problemi. E allora all'improvviso nuovi orizzonti emergono, si possono risolvere tutti i problemi del mondo se si decide di non avere profitti per noi stessi. Siamo stanchi di quelle visioni dell'economia che ci dicono che dobbiamo fare soldi per noi stessi e che più facciamo soldi, più va bene. In questo processo tutte le persone del mondo diventano macchine da soldi, robot, tutto quello che facciamo lo facciamo con il solo scopo di voler produrre denaro. E qui voglio sollevare un'altra innocente domanda: le persone umane non sono robot, le persone umane vanno ben al di là di tutte queste teorie che li vogliono robot, naturalmente come essere umani siamo tutti sia egoisti che altruisti e dobbiamo creare tutti business, dobbiamo fondare tutti business. Dobbiamo crearlo su entrambe le cose: gli economisti ci dicono che dobbiamo fondarlo sull'egoismo ma dimenticano al parte migliore. In questo modo creiamo un mondo di esseri umani egoisti e ci dimentichiamo quello che siamo in realtà. E allora quello che facciamo noi è scollegare queste attività finanziarie, queste imprese dalla idea delle garanzie, il sistema bancario ci dice: "tutto quello che facciamo deve avere una garanzia!" e noi gli diciamo "No" e gli abbiamo dimostrato che funziona. Abbiamo fatto prestiti solo sulla fiducia. Adesso vogliamo creare un business che sia completamente scollegato dal profitto, il business di solito è mirato a fare profitto ma il profitto in questo caso deve rimanere all'interno dell'impresa e deve essere reinvestito per creare più profitto e più impresa. L'investitore naturalmente riprende il denaro che ha investito ma nulla di più e questo si chiama "social business". E all'improvviso ci rendiamo conto che come esseri umani abbiamo il potere e la possibilità di risolvere tutti i problemi che abbiamo di fronte a patto che lo facciamo in modo social con un social business. Però, a me veniva sempre detto, no non puoi fare questo con l'impresa, lo devi fare con la carità. E io rispondevo: ma perché, la carità è una cosa meravigliosa, ma ha un limite, la carità naturalmente viene data, è bellissimo che così sia, funziona, ma non crea nulla, non torna indietro, non dà profitto; il business crea altro business. E allora noi che cosa abbiamo fatto: abbiamo preso questa cosa bellissima, che è la carità e le abbiamo dato un motore, che è l'impresa e a questo punto la carità si è trasformata in Social Business, cioè ha fatto quello che fa la carità, assolvendo al suo compito, ma ha prodotto nuovo business e nuove soluzioni, quindi ha risolto il problema, ha fatto business. E allora le circostanze mi hanno spinto a pormi un'altra innocente domanda: i giovani. I giovani che venivano a chiedere prestiti alla Grameen Bank, i giovani che da noi ricevevano prestiti per andare a scuola e per ricevere un'educazione, finivano il loro ciclo di studi e non avevano lavoro. Quindi venivano da me a lamentarsi, a dirmi trovami un'occupazione, non ci sono lavori sul mercato. E io gli ho riproposto la stessa domanda: chi vi dice che dovete avere un lavoro? Il vostro libro di testo vi dice che dovete avere un lavoro? Il vostro insegnante vi dice che dovete avere un lavoro? Chi ve lo dice? Un lavoro sotto forma di impiego, naturalmente. E io ho detto loro: dimenticatevi questa idea del lavoro come impiego, che è retaggio del passato, del secolo scorso. E' un'idea obsoleta che viene da un pensiero sbagliato. Dovete ripetervi ogni giorno che non siete in cerca di impiego, ma creatori d'impiego. E allora cosa abbiamo fatto in Bangladesh, abbiamo creato un fondo di social business e abbiamo detto ai giovani, venite, portateci le vostre idee e i vostri progetti. E quando loro ci portano le loro idee e i loro progetti, gli diamo i soldi perché loro li realizzino. L'unica cosa che chiediamo loro è: mettete in pratica le vostre idee, abbiate successo in quel che volete fare e poi restituiteci i soldi che vi abbiamo prestato, non un centesimo di più, noi non vogliamo fare profitto su questo, perché siamo un fondo sociale, e quindi ci restituite i soldi che vi abbiamo prestato e l'impresa è vostra. Centinaia e centinaia di giovani vengono da noi con le loro idee tutti i giorni, noi facciamo una selezione, li finanziamo e loro possono cominciare la loro impresa. Di nuovo, l'idea esistente di impresa e l'idea esistente di essere umano non sono corrette. L'idea attuale dice ai giovani, fate bene il vostro mestiere di studenti, laureatevi con dei buoni voti, abbiate questo bel certificato di laurea perché quello vi procurerà un buon impiego. La conclusione innocente a cui sono giunto io, invece, è che gli esseri umani non sono persone alla ricerca di un impiego, non sono destinate a lavorare per qualcun'altro. Gli esseri umani sono imprenditori, è nel loro sangue, nel loro DNA, nella loro origine. Abbiamo distorto questa caratteristica degli esseri umani spingendoli verso gli impieghi. Quando vivevamo nelle caverne, non è che facevamo una richiesta, che so, dalla caverna numero cinque alla caverna numero dieci: avete un impiego per me? Gli esseri umani sono stati creati come risolutori di problemi, noi li abbiamo distorti e fatti diventare dei cercatori di impiego. Dobbiamo riflettere, siamo arrivati alla fine di un'era, di una civiltà che produce cercatori d'impiego e persone concentrate sul fare soldi per sé e che ha dimostrato di non funzionare. Dobbiamo dunque creare una nuova civiltà che crede nel sé, nell'individuo, nell'essere umano, come creatore, come persona creativa che si prende cura di sé e del mondo nel suo insieme. E io, come transizione verso questa nuova civiltà, ho tre zeri come obiettivi che vanno raggiunti. Lo zero numero uno è: zero povertà, dobbiamo arrivare a un mondo dove la povertà è stata completamente sradicata. Perché essere umano e povertà è un ossimoro, una contraddizione, abbiamo imposto all'essere umano la povertà. Dobbiamo arrivare a un mondo con zero povertà e creare i musei della povertà, cioè i musei in cui le persone del futuro potranno andare a vedere come la civiltà precedente aveva creato i poveri e li aveva costretti ad essere poveri. Il secondo zero è: zero disoccupazione. Nessuno al mondo dovrebbe essere disoccupato, perché gli essere umani non sono nati per essere in balia di qualcun'altro, siamo noi che decidiamo il nostro destino. Noi siamo creatori e creativi, non siamo stati fatti per avere un impiego, magari alla base di quello che è il mercato e bloccati lì, con le ali tarpate da questo. E quindi, nella civiltà che io immagino, la stessa parola disoccupazione diventerà disoccupata, cadrà in disuso. Il terzo zero è: zero emissioni di carbonio, di CO2, dobbiamo arrivare ad un punto in cui proteggiamo questo pianeta. Noi abbiamo creato un'economia basata sul carbonio, sulla CO2, dobbiamo togliere all'economia la CO2 per rendere il pianeta più sicuro. Tutti questi tre zero possono essere raggiunti e così getteremo le basi della nuova civiltà. Grazie molte a tutti, ancora". Traduzione Erminia Santangelo
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