Bologna, 20/06/2014

SESSIONE EUROPEA DEL CONSIGLIO COMUNALE, L'INTERVENTO DI MANES BERNARDINI (LEGA NORD)


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Si trasmette l'intervento del capogruppo del Gruppo Lega Nord, Manes Bernardini, in occasione della Sessione Europea del Consiglio comunale.

"Grazie presidente,
dopo anni passati a invocare un cambio di rotta, ora l’Europa è a un giro di boa. E se n’è accorto anche chi - come l’attuale Pd - ha sostenuto l’ingresso nell’Euro, ha appoggiato questa unione degenere, ha votato il fiscal compact, ha appoggiato in ogni sede istituzionale le politiche di austerity di Bruxelles. Oggi tutti fanno a gara a invocare una rifondazione dell’Europa, anche chi in questi anni ha avuto la corresponsabilità di aver condotto l’unione al punto in cui si trova, cioè a un sostanziale e pericoloso stallo.
La crisi e l’emergenza immigrazione sono le gocce che hanno fatto traboccare il vaso, il segno evidente che quanto diciamo da sempre si è realizzato. Bruxelles si è rivelata drammaticamente lontana dalle esigenze del territorio e menefreghista di fronte ad una realtà economica che ha dissanguato interi sistemi economici nazionali

Altro aspetto di questa Europa che preoccupa è l’atteggiamento sul tema dell’immigrazione . Patiamo il peso di sbarchi incessanti e continui, che hanno superato i 50mila arrivi, un record storico. Per mesi l’Europa ha lasciato che a occuparsi della questione fosse solo e unicamente l’Italia, abbandonata a un governo che non ha saputo far di meglio che ammaliare migliaia di clandestini, andandoli a prendere sulle coste straniere, illudendosi di poter travasare il continente africano in Italia. Un’idea folle. E mentre in Spagna l’unione europea finanzia le barriere e appoggia, nei fatti, le politiche di respingimento, l’Italia è stata evidentemente individuata come la porta di accesso dell’Europa, la grande autostrada per drenare orde di clandestini. E il peso di un simile dramma sociale grava tutto sulle nostre spalle, con ricadute pesanti sul sociale e sistemi di welfare locali. Questa immigrazione non è più economicamente sostenibile!

Ma non c’è solo questo, che di per sé basta a generare un preoccupante allarme sociale.
Il dito contro questa UE lo puntiamo anche perché riconosciamo miliardi di euro ogni anno senza vedere lo straccio di un risultato. Nemmeno di fronte alla crisi dai palazzi degli eurocrati è arrivata una mano tesa. Al contrario, Bruxelles ha imposto una stretta creditizia che ha soffocato i nostri imprenditori, ha imposto politiche di austerity criminali, che hanno inferto il colpo mortale al già provato tessuto economico del Paese, ha imposto limiti al nostro agroalimentare d’eccellenza. Un affronto per noi emiliani che pensiamo di non dover prendere lezioni da nessuno sull’argomento. Eppure abbiamo sempre chinato il capo, abbiamo detto sempre sì. La sinistra ha strillato a Roma e obbedito a Bruxelles.
Ora siamo arrivati al redde rationem: o cambiare o morire. Parlano i numeri: la disoccupazione ha raggiunto il livello record del 13%; continuiamo a perdere occupati al ritmo di 1.000 al giorno; i fallimenti, 3.600 nel primo trimestre, aumentano del 22% rispetto al già pessimo 2013, registrando una media di 2 imprese fallite ogni ora. Il debito pubblico ha raggiunto nuove vette, a quota 2.146 miliardi, mentre il PIL ha registrato l’ennesimo dato negativo. Così la ripresa si allontana e la troika si avvicina. Due giorni fa è arrivata l’ennesima procedura di infrazione aperta, per i ritardi nei pagamenti. Questo è il Paese che paga, quando paga, in media, a 180 giorni, mentre nel resto dell’Europa è di 65 giorni, questo è il Paese in cui le aziende falliscono perché lo Stato non salda, questo è il Paese che, però, quando è il momento di riscuotere, è disposto a indurre al suicidio i contribuenti pur di ottenere- come accaduto anche nella nostra Bologna - i tributi. Il Paese dei paradossi e degli scandali, delle assurdità e delle ingiustizie.

In questo quadro - drammatico e allarmante - la speranza arriva dagli eurocritici, cioè gli europeisti che vogliono un’altra europa, dei popoli, delle tradizioni, delle identità, contro chi minaccia di ridurci a nuova terra da colonizzare. Non siamo gli anti-euro, che sono altra cosa, e sono quei personaggi piccoli piccoli che si vogliono rintanare in un provincialismo anacronistico. Siamo per aprirci al mondo, ma rimanendo saldamente ancorati alle nostre identità, alle nostre differenze: il vero collante di questa Europa.
Come sempre c’è una parte politica che capisce le cose solo ad emergenza in corso. Oggi, che è pienamente in atto l’emergenza immigrazione e quella economica, la speranza è che chi guida oggi il Paese si convinca che è ora di cambiare radicalmente direzione. Perché di questa Europa si muore".
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