Bologna, 08/02/2016
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"Signor Sindaco, signori consiglieri e consigliere, colleghi di Giunta, autorità civili e militari, cari studenti, care studentesse, celebriamo, in Consiglio comunale, convocato in seduta solenne, per l'ultima volta in questo mandato, la giornata del ricordo e come ogni anno desidero richiamare integralmente il primo articolo della legge 92 del 2004 che l'ha definita una giornata nazionale: 'La repubblica riconosce il 10 febbraio quale giorno del ricordo al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati del secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale'. Si tratta di poche righe dense di significato, in primo luogo per i numeri: 'diverse migliaia di persone - tra le 4000 e le 6000, principalmente italiane - per motivi etnici e o politici persero la vita tra il '43 e il ''46. Di questi eccidi, le foibe sono il simbolo più noto è più grave'; e ancora 'tra il '44 e la fine degli anni Cinquanta, tra le 270.000 e le 350.000 persone, di grande prevalenza italiane, dovettero abbandonare città e terre alla frontiera orientale d'Italia, in cui a lungo loro e le loro famiglie avevano abitato, e cioè Zara, Fiume, le isole del Quarnaro, Cherso e Lussino e la penisola Istriana, passate sotto il controllo Jugoslavo'. Poi la legge ci dice anche altro: ci invita a ricordare la più complessa vicenda del confine orientale e cioè, come negli ultimi anni hanno fatto le relazioni dei professori Salimbeni, Cattaruzza, Pupo e anche del giornalista Roberto Olla, a capire come quella vicenda tragga origine dalla dissoluzione degli imperi e dalla costruzione degli Stati nazionali. Tengo fin da subito a ringraziare il professor Oliva, che sarà il nostro relatore principale nella seduta odierna, per aver accettato il nostro invito a prendervi parte. Desidero ricordare anche le parole di Giorgio Napolitano, che nel 2007 celebrò il Giorno del Ricordo in occasione del suo primo anno di Presidenza della Repubblica, con queste parole: 'Già nello scatenarsi della prima ondata di cieca violenza in quelle terre, nell'autunno del 1943, si intrecciarono giustizialismo sommario e tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse sociali e un disegno di sradicamento della presenza italiana da quella che era, e cessò di essere, la Venezia Giulia. Vi fu dunque un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una "pulizia etnica" Quel che si può dire di certo è che si consumò - nel modo più evidente con la disumana ferocia delle foibe - una delle barbarie del secolo scorso" e aggiunse la necessità di "consolidare i lineamenti di civiltà, di pace, di libertà, di tolleranza, di solidarietà della nuova Europa che stiamo costruendo da oltre 50 anni, e che è nata dal rifiuto dei nazionalismi aggressivi e oppressivi, da quello espresso nella guerra fascista a quello espresso nell'ondata di terrore jugoslavo in Venezia Giulia. La nuova Europa esclude naturalmente anche ogni revanscismo'. Facciamo nostre le parole dell'allora Presidente della Repubblica, anche per la toccante capacità di riassumere il senso di un dramma di così grandi dimensioni. Penso che se abbiamo imparato qualcosa da quella vicenda, da quella 'complessa vicenda', dovremmo subito prestare la massima attenzione quando i nazionalismi rialzano la testa e chiudono di nuovo le porte al valore delle minoranze e delle differenze nelle singole comunità. La seconda questione che voglio ricordare riguarda più specificatamente il nostro impegno: la data del 10 febbraio è voluta per legge – una legge travagliata, ma che ha dato la possibilità al Parlamento e al Paese di confrontarsi con una delle pagine meno studiate del nostro passato, è ormai patrimonio diffuso della nostra collettività. Tengo molto, a questo proposito ad esplicitare quanto fatto nel corso di questi anni: nel 2013 abbiamo posto, assieme con l'associazione e il presidente Marino Segnan, nella zona in cui sorse quello che un tempo era il Villaggio Giuliano (al quartiere san Donato) il sasso d'Istria che ne evidenziava l'ingresso; abbiamo inviato a tutte le scuole medie e superiori il DVD 'Esodo', affinché le scuole fossero coinvolte nella conoscenza e memoria di quei fatti; abbiamo contribuito ad assegnare una nuova sede all'Associazione; oggi, lo dico con un certo orgoglio a nome del Consiglio comunale, sosteniamo i costi di un viaggio nei luoghi delle Foibe, riservato ancora una volta agli studenti e promuoviamo un concorso tra gli studenti delle scuole di Bologna. Lo dico spesso che bisogna evitare la retorica in queste giornate e anche che non bisogna ricordarsi di questi fatti solo per una giornata, ma lavorarci tutto l'anno. Spero quindi che sia evidente, non ci siamo impegnati esclusivamente nella cerimonie che si compiono intorno al 10 di febbraio, abbiamo invece tentato di uscire dalla celebrazione, promuoverne la memoria attiva di quei fatti, rispondere, a chi era stato vittime per due volte, come ebbe a dire il professo Sofri proprio da questo banco, 'di una grande tragedia originaria e poi dell'oblio di quella tragedia e successivamente all'essere condannati incolpevoli, a svolgere un ruolo politico che non loro avevano cercato'. Di questo lavoro, vorrei fosse dato atto al Consiglio comunale, prevalentemente, insieme con il Sindaco di averlo portato avanti. Penso in particolare al lavoro svolto dalla consigliera Scarano. Signor Sindaco, signori consiglieri, termino questo mio breve saluto dando la parola alla vice presidente, abbiamo scelto insieme di intervenire alla fine di questa che è l'ultima seduta dedicata al Giorno del ricordo in questo mandato. Ribadisco il nostro impegno. Tengo molto a sottolineare le parole che Marino Segnan ha voluto riservare nell'incontro che poco prima del Consiglio si è svolto con gli studenti, ha detto: 'celebriamo questa giornata non per ragioni di vendetta', ma, aggiungo io, per la necessità che abbiamo sempre di ricucire quella storia e di guardarla con l’attenzione che merita e di trarne una lezione: mai più guerre nel cuore dell’Europa, mai più totalitarismi, mai più intolleranza".
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