Bologna, 08/07/2015
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"Buongiorno a tutte e a tutti. Saluto il Sindaco di Bologna Virginio Merola, la Presidente del Consiglio comunale Simona Lembi e la professoressa Luisa Brunori. Saluto il professor Prodi che mi fa molto piacere vedere in questa sala. Veramente un saluto particolare al professor Muhammad Yunus, che oggi diventerà cittadino onorario di Bologna. Questa città, professor Yunus, è una città un po' speciale, è una città molta cara agli italiani, ma anche molto cara all'Italia, al nostro Paese. E’ una comunità democratica molto solida, perché questa fu città partigiana, e qui venne anche data la medaglia d’oro al valor militare ai suoi abitanti, settant’anni fa, per il ruolo che ebbe nella Liberazione dal nazifascismo. E’ una città accogliente e solidale, solidarietà è una parola che oggi viene messa molto in discussione nel nostro Paese, ed è una città sempre molto attenta alle politiche sociali e all’aiuto alle persone più svantaggiate. E' una città colta, e non a caso viene ancora chiamata “la dotta”, una città che sulla cultura ha investito tanto nei secoli. Come sa, ed è stato già detto, è la sede di quella che viene considerata la più antica Università del mondo occidentale. E qui molti giovani oggi vengono da tutta Italia, io mi ricordo da marchigiana, una regione vicina a questa, dove nel 1980 venni qui a cercare casa per iscrivermi all'università. Era l'agosto 1980, era l'1 agosto 1980, poco dopo una terribile strage alla stazione di Bologna dove morirono molte, troppe persone. Poi non studiami qui a Bologna, non riuscì nell'intento di trovare casa, ma ancora oggi qui tanti giovani giungono da tutta Italia e anche da altre parti d'Europa. Questa è anche la città più frequentata dai giovani che seguono il progetto Erasmus. Il progetto Erasmus è prezioso, perché insegna ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze a diventare cittadini europei, attraverso lo scambio, la conoscenza, e in tanti vogliono venire a fare questo periodo, tanti non italiani, appunto a Bologna. E dunque non c’è da stupirsi se una città con queste caratteristiche oggi abbia scelto lei professor Yunus, Premio Nobel per la pace, come proprio cittadino onorario. La Grameen Bank fu fondata nel 1983. Gli anni '80 erano gli anni in cui nel mondo si affermava la cultura ultraliberista. Quella cultura che proponeva di liberare il mercato da ogni forma di regolamentazione. C'era la convinzione che, appunto, si faceva una corsa all’arricchimento personale, alcuni avrebbe conseguito quel risultato e i benefici sarebbero poi toccati a tutti gli altri, a ricaduta. Questa cultura, come poi abbiamo visto, ha prodotto l’esatto contrario di quello che prometteva: chi era ricco è diventato ancora più ricco e chi era povero ha continuato a essere povero e casomai è diventato più povero, e la classe media scivolava sempre di più nella scala sociale. Sono quindi cresciute in modo inaccettabile le disuguaglianze, sia tra nazioni che all’interno delle stesse nazioni. L’Italia è purtroppo uno dei paesi dove la disuguaglianza tra le classi sociali è cresciuta di più. Del 33% dagli anni ’80 ad oggi, contro una media OCSE del 12% - te volte tanto - e il 53% degli italiani resta inchiodato al suo ceto di origine. Questo vuole dire che non c'è sufficiente mobilità, cioè che l'ascensore sociale per molti è completamente fermo, si nasce in una classe sociale e li si resta, non si ha la possibilità di evolversi, di andare avanti attraverso conoscenza, attraverso lo studio come è stato possibile invece in passato per motli della nostra generazione. Ebbene, proprio negli anni ruggenti del liberismo più sfrenato, in Bangladesh muoveva i suoi primi passi concreti una banca diversa, una banca originale, una banca alla portata di tutti, anche di chi non aveva la fideiussione bancaria: la Grameen Bank. E questo è frutto di una visione culturale, ma anche di alcuni valori, ed è una visione del tutto opposta e che si proponeva e si propone di dare a tutti una opportunità per far valere i propri talenti e di essere responsabili del proprio futuro. Da quel momento, nel nostro vocabolario, sono entrate nuove parole fino ad allora sconosciute: microcredito e social business. La loro forza risiedeva e risiede nel fatto che non si tratta soltanto di intelligenti iniziative economiche, ma di un cambio di paradigma economico e culturale: chi non ha una occupazione stabile, ma un progetto, ha delle idee, e non è in grado di offrire garanzie alle banche, non va considerato come una persona che cerca lavoro, ma come una persona che può creare lavoro con le proprie idee e con le proprie capacità. A queste persone va data la possibilità dunque di esprimere appieno la propria potenzialità. E’ così che si è affermato il microcredito. In Bangladesh, dove oltre l’80% delle famiglie meno abbienti, le famiglie povere ne usufruisce attraverso le donne che ne fanno richiesta, ma anche nei paesi sviluppati, questa è la straordinaria potenza di questo messaggio. Perché se funziona a Dhaka, funziona anche a New York, funziona anche a Parigi, in Belgio, in contesti completamente diversi. E in questi Paesi, questi ultimi che ho menzionato, i clienti del microcredito non sono, il più delle volte, i cosiddetti poveri strutturali, ma sono anche persone che avevano una professione prima e che si sono trovati poi in condizioni di povertà nel corso della vita. E nel nostro Paese? Anche in Italia, per iniziativa di Regioni, enti locali, fondazioni e associazioni, si sono fatti sicuramente dei passi in avanti. Secondo i dati dell’Ente Nazionale per il microcredito tra il 2011 e il 2014 i microcrediti produttivi sono cresciuti con un tasso medio annuo del 75%, passando da 37 milioni di euro erogati nel 2011 ad oltre 120 milioni nel 2014. Questo incremento, in una realtà sociale come la nostra, dove gli effetti sociali della crisi economica continuano a farsi sentire pesantemente, non possono ancora considerarsi completamente soddisfacenti. Sono convinta che in Italia, che non è sede di filiali di Grameen Bank, il microcredito debba ancora sprigionare tutte le sue potenzialità. Per coglierle appieno le istituzioni nazionali e anche locali devono fare qualcosa, impegnarsi più di quanto non abbiano fatto finora. Noi da parte nostra alla Camera, il 21 luglio terremo un convegno nazionale di grande livello per fare il punto sullo stato di attuazione dei programmi e delle iniziative di microcredito. Lo stesso impegno credo che vada profuso per l’altro grande progetto lanciato dal Professor Yunus: quello del social business. Si tratta di stimolare le imprese private a promuovere investimenti a forte impatto sociale. Ci sono molte persone, fortunatamente, imprese, fondazioni che vogliono aiutare chi è in difficoltà. E allora questi soggetti investono in donazioni e beneficenza. Bene. La beneficenza è sicuramente importante, ma ancora meglio sarebbe se queste somme fossero indirizzate a promuovere imprenditoria sociale, a creare lavoro sociale, “attività” come dice il Professor Yunus “senza perdite e senza dividendi”. Anche una parte di fondi pubblici oggi destinati a finalità sociali potrebbe essere impegnata in questi progetti la cui caratteristica innovativa è evidente : si fa impresa, si crea lavoro, ma il profitto ottenuto, perché il profitto si deve avere, non è a perdere, si investe per migliorare la vita di altre persone, che se stanno meglio consumeranno e questo aiuterà a rimettere in circolo un sistema che oggi noi purtroppo vediamo essere fermo. Nel 2006 Muhammed Yunus e la Grameen Bank sono stati insigniti del Premio Nobel per la Pace. Perché “per la Pace” e non “per l’economia”? Lo ha spiegato bene lui lo stesso, perché per la Pace e non per l'Economia. Il professor Yunus è stato nostro ospite alla Camera il 10 Luglio del 2014, ha fatto una straordinaria lectio magistralis e ha detto che la povertà è l’assenza di tutti i diritti umani ed è una minaccia per la pace. Per questo ha conseguito il premio Nobel per la Pace. E' nelle sue stesse parole la spiegazione. Quel che accade oggi in tante aree del modo dimostra che questa tesi è drammaticamente esatta, perché dove c’è povertà è più facile che covino tensioni, rabbia e risentimenti. Ed è più facile che si scatenino violenze e conflitti, anche nei confronti dei soggetti che vengono percepiti come una minaccia. Non c'è bisogno del capro espiatorio quando queste sono le condizioni, e allora chi sono i capri espiatori ideali in una società? coloro che sono più deboli,quelli che hanno meno diritti, i migranti, i rappresentanti delle minoranze, nel nostro caso ci sono i rom, perfetti capri espiatori, e c'è chi ha una religione diversa. Anche per questo ritengo che la lotta alla povertà e alle disuguaglianze sociali deve rappresentare una priorità assoluta nell’agenda politica di ogni Paese e sicuramente del nostro Paese, perché la lotta alle disuguaglianze vuole dire anche aiutare l'economia, vuole dire anche aiutare la coesione sociale, vuole dire aiutare la democrazia. In Europa siamo giunti alla necessità di una svolta. Ce lo chiedono anche, come ha detto già il Sindaco Merola, gli eventi che riguardano la Grecia. Le politiche depressive dell’austerità hanno fallito. Ora bisogna mettere in atto misure efficaci che siano veramente a sostegno alle fasce sociali più svantaggiate e bisogna anche mettere in atto delle politiche che stimolino la crescita e lo sviluppo sostenibile a livello economico, ma anche a livello sociale e a livello ambientale. So che non è semplice, che non sarà facile, ma il successo della Grameen Bank dimostra che anche i progetti più ambiziosi, più visionari, possono essere realizzati, a condizione che siano ispirati ad una visione e a un’idea di futuro. Muhammad Yunus, dal suo lontano paese, ha mandato un messaggio a tutto il mondo: la società può crescere non se pochi privilegiati diventano sempre più ricchi, non è questo che fa crescere l'umanità, ma se a tutti viene consentito di vivere dignitosamente e di dare il meglio di sé. L’attualità di questo messaggio è evidente a tutti. Ed è evidente a tutti anche la sua forza. Per questo, professor Yunus, la ringrazio per tutto quello che ha fatto e che sta facendo, e che sono sicura lei continuerà a fare per il bene dell'umanità".
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