Bologna, 14/02/2012

SCOMPARSA DI GUIDO FANTI, L'INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA, VASCO ERRANI


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Si trasmette il testo dell'intervento del presidente della Regione Emilia-Romagna, Vasco Errani, in ricordo di Guido Fanti.


"Salutiamo oggi Guido Fanti, con commozione, con riconoscenza. Ci stringiamo attorno alla famiglia, alla moglie, ai figli, assieme ai tanti che gli hanno voluto bene.

Per tutti noi che siamo qui, il coinvolgimento è totale. Va dal pubblico al privato senza separazioni. Perché Fanti è questo. Un pezzo di storia vivente di questa comunità, di Bologna, dell’Emilia-Romagna. Un riformista tenace e rigoroso che univa la città all’Europa, l’agire concreto con il progetto e la visione strategica. L’uomo di parte capace di promuovere collaborazioni inedite fra istituzioni diverse e diverse culture politiche ed ideali. L’amministratore che interpreta i cambiamenti e li governa in modo aperto e plurale. Perché governare significa promuovere il cambiamento. Perché al centro c’è sempre la persona. Parla di “nuova umanità”, di 'salvaguardia della dignità e dell’eguaglianza fra le persone', di 'società più giusta e più umana'. Lo dice nel 1970, citando il Concilio Vaticano II, nel discorso di investitura a presidente della Regione. Quando oggi diciamo che il PIL non è l’unica misura delle cose, quando avvertiamo l’esigenza di un nuovo umanesimo di fronte alla crisi attuale, davvero non stiamo inventando nulla. E quando insistiamo sui temi della salute e della dignità delle persone, e guardiamo al Ramazzini, o insistiamo sul bisogno di investire in cultura e guardiamo all’Istituto beni culturali, e all’Università, alla scuola, ai servizi per l’infanzia, ricordiamoci chi ha intuito, pensato, creato. C’è in noi, senza distinzione di parte, prima di tutto un sentimento di gratitudine e di riconoscenza, perché qui ci sono le nostre comuni radici.

Del resto Fanti è questa città e la sua umanità, in una visione d’insieme, dentro e fuori le porte. Capace di essere esempio e di parlare a tutti. Per fondare la Regione lascerà a Renato Zangheri, che salutiamo con affetto. Ma soprattutto viene da Giuseppe Dozza, dalla scuola resistenziale e partecipativa del sindaco della ricostruzione, di una Bologna popolare che amava vivere all’aperto e nel contatto diretto. E questo tratto Fanti non lo perde, non lo perderà mai nel suo lungo percorso. Prendo qualche immagine, fra le tante possibili.

Da sindaco della sua città. Guarda alla collina come risorsa per tutti. E la salvaguardia dei colli (oggi parleremmo di non consumare territorio) non ha tratti elitari ma popolari. E’ l’ossigeno civico per generazioni di bolognesi. Dall’altro lato guarda ai quartieri e ai consigli di quartiere come partecipazione non generica e burocratica ma impegnativa, ci passano le licenze edilizie e le prescrizioni di urbanizzazione secondaria: asili, verde, impianti sportivi. Con Adriana Lodi dà spazio ad un altro punto di vista, quello di genere, sui servizi e sull’istruzione anticipando il futuro e richiamando esperti dall’Italia e dal mondo per studiare questa esperienza. Con Fanti cresce una forte generazione di amministratori, saluto Stefani, Castellucci, Campos, Cervellati, tanti altri. E quanti non sono con noi come Sarti, come Cavina. E con loro i presidenti dell’Emilia-Romagna che mi hanno preceduto. Una forte generazione di uomini e donne di governo protagonista di una stagione di straordinaria qualità umana e di alte competenze.

E poi Fanti guarda in avanti, al futuro, pensa ai programmi e li avvia senza farne titolo di merito personale. Sui grandi progetti per la Bologna moderna riconosce la sensibilità del governo, vede crescere una cultura istituzionale più attenta alle esigenze del decentramento e dei territori. Ed è chiara, un architrave, l’interlocuzione feconda con un mondo cattolico che Fanti sceglie come interlocutore essenziale perché fortemente innervato nella realtà popolare della città e portatore di personalità ed idee di grande spessore e prestigio. La pietra miliare del Concilio, il dialogo con Lercaro, le proposte di grande respiro del Libro Bianco di Dossetti e Ardigò. Crescono così le idee e le infrastrutture fondamentali che disegnano il profilo di Bologna anche oggi, dalla Tangenziale al Fiera District.

Da Presidente della neo nata Regione. Fanti da zero la fonda su basi sane e robuste, concentrata attorno ai propri compiti. Rispettosa verso le autonomia locali, forte e responsabile verso le altre regioni e lo Stato. In secondo luogo con Piero Bassetti della Lombardia e Lelio Lagorio della Toscana formerà il gruppo di collegamento con il governo nazionale che darà un ruolo e un volto all’istituzione regionale, con una visione nazionale del sistema istituzionale. Infine imposta alcune politiche che hanno fatto scuola. La programmazione per obiettivi, con il primo incarico pubblico affidato ad un giovane Romano Prodi. Guardando per la prima volta ai distretti, alle vocazioni territoriali e non solo ai campanili. Il grande tema del Po, a pochi anni dall’alluvione di Firenze, come disinquinamento, come regimentazione delle acque. Con una visione integrata che apre una pagina nuova in Italia sulla questione ambientale. E in questo contesto si parlò in modo illuminato di coordinare le regioni e della necessità di accordi di bacino per il grande fiume, secondo il principio 'conoscere per governare'.

Assumono valore e concretezza di governo parole come autogoverno, comunità, sistema territoriale regionale. Nasce un modo nuovo di lavorare fra le amministrazioni, con forti componenti tecniche, in collaborazione con Università e centri di ricerca. Che per Fanti sono un riferimento e un motore fondamentale per una crescita intelligente ed equilibrata. E una occasione del fitto dialogo con i giovani, mai interrotto. Si realizza una innovazione di sistema, la Regione Aperta, voluta con coraggio e con fiducia per la qualità integrata di ogni territorio. Se ci sono istituti e istituzioni che nascono vecchi, questa regione nasce giovane grazie all’apertura e all’intuito di Guido Fanti al cui nome, d’intesa con il presidente Richetti e con i gruppi consiliari, intitoleremo la Sala polivalente dell’Assemblea regionale..

Il logico sviluppo dell’impegno di Fanti lo porta presto in Parlamento e poi nel primo Parlamento europeo di cui sarà vicepresidente, nel secondo mandato, investendo fino in fondo sulla costruzione dell’Europa, secondo l’ispirazione di Altiero Spinelli, andando ben oltre i confini ideologici e il costume politico di quegli anni.

Anche qui: visione politica ed istituzionale, il senso di svolgere un servizio di valore morale ed etico per la società, per gli altri. L’ammonimento ad amministrare con severità e rigore. L’esigenza di fare programmi e di controllarne l’attuazione. La politica come motore di socialità, come strumento di coesione. Per unire popoli. Per fare l’Europa. Per riformare e innovare la sinistra europea. I sistemi ideali come scelta di campo costruita sui valori, la democrazia, il lavoro, l’emancipazione. La buona politica che può e deve produrre sintesi, non solo contrapposizioni, e qui ci vuole creatività, innovazione, apertura.

Non mi spingo oltre. Del resto si scelgono alcune parole, alcune immagini, e se ne tralasciano altre. Mi soffermo su due ricordi, molto chiari e presenti, due diversi momenti. Per me illuminanti.

Il primo è un documento. Fanti davanti al Presidente del Consiglio, Aldo Moro, con Bassetti e Lagorio, che dice testualmente che 'le Regioni vogliono smettere di chiedere allo Stato ciò che non c’è, al contrario le Regioni sono pronte a dare'. Ecco una lontana chiara radice autonomista, federalista. Non rivendicazione. Non chiusura egoistica. Ma orgoglio di sé che è amore e servizio per il Paese. Identità che si volge al futuro e lo vuole governare. Che non sta allo specchio. Guido interpreta così, a distanza di molti anni, quella scena con Moro. “C’era in noi la consapevolezza che eravamo di fronte ad un cambiamento importante della vita dello Stato italiano e che era necessario affrontarlo con spirito di collaborazione”. E’ un importante riferimento da non disperdere oggi per ridare valore alla democrazia, alle istituzioni, alla politica.

Il secondo è un ricordo personale di quando lo andai a trovare a casa, nel novembre scorso, dopo una degenza in ospedale, e l’ho trovato sereno e come sempre determinato: mi parlò della fase nuova appena aperta in Italia, della necessità che l’Europa ritrovi il coraggio per rilanciare il progetto, andando oltre i piccoli e grandi egoismi.

E poi Bologna, il suo grande amore per questa città, perché possa essere sempre più una città europea capace di dare il meglio della sua straordinaria identità. Ho incontrato un uomo che non ha mai smesso di impegnarsi, di pensare non a se ma agli altri, di pensare al futuro. Di questa terra, di questo paese. Con una tensione morale straordinaria.

Ho pensato che abbiamo sempre molto da imparare, molto da conoscere per poter dire di aver fatto la nostra parte, per avere quella lucidità, quella passione. C’è da recuperare cultura, competenza, visione, spirito di servizio.

C’è molto lavoro da fare per non deludere i figli. E per rendere onore al lavoro dei padri e dei maestri. Grazie Guido. Grazie a voi tutti".
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