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Bologna, 18/02/2013
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"Autorità civili e militari, care consigliere e consiglieri, come avete sentito abbiamo avuto due contributi importanti, del professor Villa e del professor Pedrazzi. Riflettendo su quanto ci hanno detto, questa è anche l'occasione, sulla base della ricostruzione storica, ma anche di testimonianza di vita personale e di rapporto diretto, nella quale possiamo senz'altro confermare che la storia repubblicana di Bologna è stata attraversata dal pensiero e dalle azioni di Giuseppe Dossetti. Riflettendo sulle cose sentite e che sappiamo, voglio dire come mi sembrino ancora attuali alcuni temi del suo pensiero politico: l'esigenza di unire le forze uscite dalla Resistenza in un comune progetto politico, fin dai tempi dell'Assemblea Costituente, fin dal giudizio che Dossetti diede, in contrasto con De Gasperi, sull'idea e l'attualità del partito cattolico; la priorità da attribuire ad un progetto politico riformatore rispetto alla alleanze. Abbiamo ricordato le vicende della candidatura bolognese: un programma rispetto al quale Dossetti non accettò alleanze con altre forze politiche; un programma, radicale e riformatore, definiva il Partito Comunista di allora, più che rosso, rosa, su alcuni temi un po' moderato. E ancora: la difesa della Costituzione come principio ordinatore da attuare nella costruzione di una moderna democrazia. Si pensi al suo ritorno sulla scena pubblica nel 1994, quando venne eletto presidente del Consiglio Berlusconi, con l'appello a un Comitato di difesa della costituzione e all'idea che abbiamo ricordato oggi attraverso i quartieri, della partecipazione come esercizio di una libertà responsabile per il bene comune. La vita e la parabola intellettuale e spirituale di Dossetti poteva essere letta come la storia di due parallele destinate a non incontrarsi mai. Da una parte una prima fase, quella politica, caratterizzata da un forte e coinvolgente impegno civile e politico; dall'altra una seconda fase spirituale di raccoglimento e preghiera. Tuttavia, a partire dal 1986 è come se le due vite parallele di Dossetti ricominciassero ad incontrarsi. E forse le sue ripetute dimissioni non erano una rinuncia, ma un modo per tenere aperta la prospettiva in cui credeva. Ne è riprova, secondo me, il discorso al Congresso Eucaristico a Bologna del 1987, intitolato Eucarestia e città,una lettura che mi ha molto colpito e che voglio ricordare, come laico ovviamente, spero in modo rispettoso. Questo testo dimostra che nell'ultima fase della sua vita Dossetti torna a misurarsi con il tema della città, fulcro e cuore del giovanile impegno politico insieme a La Pira e Lazzati, cioè il rapporto tra il cristiano e la realtà temporale nella città. Secondo me, alcune idee guida emergono con nettezza e ne cito tre: l'autentica laicità cristiana , che implica, con una definizione dello stesso Dossetti, l'esercizio di un duplice diritto: quello del credente ad annunciare la fede nella sua purezza e integrità; ma anche quello del non credente di “sentirsi esporre il linguaggio cristiano puro e integro”. Ciò impone alle comunità cristiane il compito non facile di purificare con attenzione il proprio messaggio, rimuovendo ogni artificioso ostacolo al dialogo tra credenti e non credenti. Un secondo tema dominante in questo intervento è la messa in guardia contro ogni tendenza alla “mondanizzazione della fede”: nessuna città degli uomini, per quanto ordinata, potrà mai attuare l'ideale del Regno di Dio. In questo senso Dossetti ricorda che in ogni città, anche la più felice, il cristiano è sempre “uno straniero”. Tuttavia l'attesa del Regno di Dio implica il dovere di contrastare il male nelle città dove si vive. Una terza idea importante è il rifiuto di un modello propriamente cristiano di città. La fede rivelata non può essere asservita ad un qualsiasi progetto storico. E' bene che la comunità cristiana “lasci ai singoli cristiani o a gruppi di essi di muoversi dentro il gran mare della storia in base ad un certo progetto di società”, un progetto non necessariamente condiviso da tutti i credenti. Ideato e “perseguito anche praticamente in modo totalmente distinto dalla comunità di fede e che non sia espressione di un malaccorto confessionalismo, bensì di una sincera aspirazione alle giustizia e dell'amore per il prossimo e soprattutto per i poveri.” In queste pagine intense di Eucarestia e città si intravede un momento di sintesi di un'esperienza di vita nella quale, alla fine, si sono felicemente ritrovate le esperienze del politico e la meditazione del monaco. Per Dossetti, il mondo che Dio ama, i “molti” in riscatto dei quali il Figlio dell'uomo ha donato liberamente la propria vita è proprio ogni persona che il Signore ha chiamato a far parte della famiglia umana. La città, questo è più importante per noi laici, diventa così crocevia emblematico delle vicende della storia della famiglia umana, con le sue contraddizioni e le sue ambiguità. In questo nostro tempo, posto “ tra il già e il non ancora”, come diceva Dossetti, la città è il luogo segnato dall'affanno e dalle sofferenze, ma è anche il luogo dove può crescere una speranza che non delude. La città, il concreto vivere insieme per affrontare e orientare la storia è chiamata ad essere città dell'uomo, ed essere cioè luogo di accoglienza, di condivisione, di solidarietà e di crescita comune. Noi sappiamo che la città mostra diffusamente anche il suo lato contrario, come luogo della sopraffazione, della frammentazione, della solitudine e della spersonalizzazione. Ma in questa lettura, la città si costruisce e cresce come città dell'uomo se si costruisce e cresce secondo il disegno di Dio sull'uomo e sulla storia degli uomini. La dimensione della città, e in particolare il rapporto con la nostra città, conclude a mio avviso il viaggio intellettuale e spirituale di Giuseppe Dossetti. E' vero, poche città come Bologna possono testimoniare come sia importante il lascito di Giuseppe Dossetti, la sua eredità di contenuto politico e spirituale, come sia esigente e impegnativa, ma proprio per questo così capace di richiamarci all'idea centrale, per Dossetti e per tanti dopo di lui, della città come città di persone, radice del migliore passato di Bologna e traguardo del nostro migliore futuro.
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