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Bologna, 10/05/2013
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Di seguito, il testo della prolusione tenuta da Monsignor Fiorenzo Facchini. "Signor Sindaco, Signori consiglieri, autorità presenti, gentili signore e signori, cari amici e collaboratori di Casa S. Chiara. PErmettete che prima di presentare la figura di Aldina Balboni esprima la mia gratitudine al Sindaco Virginio Merola per avermi affidato questo incarico di prolusione, cioè di presentazione di Aldina Balboni, un compito che assolvo volentieri per la fiducia che mi è stata accordata, un atto di stima per la mia persona, ma credo anche per Casa S. Chiara che in questo momento rappresento insieme ad Aldina Balboni. 'Risplenda la vostra luce davanti agli uomini perché vedano le vostre opere buone glorifichino il Padre che è nei cieli'. Mi permetto di fare risuonare queste parole del Vangelo all'inizio di questa solenne incontro che vede l’assegnazione del Nettuno d'Oro ad Aldina Balboni, è perché Aldina ha cercato di mettere in pratica con la singolare esperienza di Casa S. Chiara il Vangelo a cui era stata educata nell'Azione Cattolica e nelle Acli. In una dichiarazione di intenti sottoscritta nel 1973 dai soci della Cooperativa Casa S. Chiara si legge: 'Vogliamo che ogni azione e iniziativa sia talmente seria e impegnata, da provocare una presa di coscienza da parte della società. Queste decisioni vengono prese per rispondere alle molteplici esigenze del mondo in cui viviamo, per realizzare le affermazioni contenute in tante carte, ma che rimangono tante volte soltanto in ideale e specialmente perché vogliamo in questo modo concretare il Vangelo nella sua richiesta di fame e sete di giustizia, di costruttori della pace e come strada per incontrare Dio nella fraternità operante'. Casa S. Chiara, di cui Aldina è stata la promotrice ed è tuttora la responsabile, oggi accoglie alcune centinaia di persone nei gruppi famiglia, nei centri diurni, nel Centro per il tempo libero il Ponte, nella casa di vacanza Sottocastello di Pieve di Cadore. E' una realtà viva nella società civile e nella comunità cristiana, di cui vuole essere espressione, con un particolare impegno, per le persone bisognose , specialmente in condizioni di disabilità e emarginazione. Le origini sono umili e nascoste. Proprio come un seme che cresce e si sviluppa nel tempo, lentamente. “Il Signore ha messo un seme nella terra del mio giardino”, è l'inizio di una canzone che i giovani volontari impegnati nella costruzione della residenza per ferie di Casa S. Chiara a Sottocastello di Pieve di Cadore cantavano nel 1970. Aldina ama ricordarla spesso perché la canzone riassume tutta la storia di Casa S. Chiara dall'inizio ad oggi. Un seme che si è sviluppato ed è diventato un albero con molti rami. A partire da quando nel 1959 Aldina Balboni, allora aveva 28 anni e faceva la camiciaia, sollecitata dall'incontro di alcune ragazze dimesse da collegi che aveva conosciuto in una casa per ferie delle ACLI, allora Aldina era delegata provinciale delle Acli, lavorava con l'onorevole Giovanni Bersani, e cercavano casa e lavoro, scelse di andare a vivere con loro in un appartamento in Piazza Calderini, da dove si trasferirono presto in via Pescherie Vecchie al numero 1, rimasta per tanti anni la sede storica di Casa S. Chiara. La comunità crebbe accogliendo molte altre ragazze che cercavano casa e lavoro in città e arrivarono fino a una novantina di persone. I primi 10 anni di Casa S. Chiara sono stati segnati da questa esperienza di accoglienza e dalla vita comunitaria in cui ciascuna contribuiva per quello che poteva: “una per tutte e tutte per una, in un vincolo di amicizia che non si spezzerà mai”, così dice la canzone che le ragazze erano solite cantare. Fu in quegli anni che chi vi parla avvicinò Casa S. Chiara attraverso alcune sue ospiti che aveva conosciuto in una tintoria alle porte di Bologna, dove si recava per la lettura del Vangelo, intravedendo in Casa S. Chiara un orticello in cui impiegare un po' del tempo che gli rimaneva da altri compiti nella diocesi e nell'Università. Con Casa S. Chiara ebbi modo di avvicinare e scoprire una realtà che non conoscevo e mi è stata di grande arricchimento anche per il ministero, specialmente quando nel 1974 mi fu affidato dall'Arcivescovo il Cardinale Antonio Pome, il settore pastorale della carità e dell'assistenza.. In quegli anni Aldina non poteva immaginare la piega che avrebbe avuto Casa S. Chiara, pur proseguendo in una esperienza di accoglienza e condivisione. Del resto, come Aldina ama ricordare spesso, le iniziative non sono mai partite da piani o strategie particolari, pensate a tavolino, ma dai bisogni delle persone che il Signore faceva incontrare. Alla fine degli anni 60 con le trasformazioni sociali del momento storico segnato dalla contestazione giovanile si avvertiva la necessità di un'assistenza per i minori e per le persone portatrici di handicap che, superando la frammentazione degli interventi, in quel tempo erano 40000 gli enti assistenziali del nostro Paese (molti dei quali centralizzati a livello nazionale o regionale), andasse più in radice, alle esigenze delle persone, realizzando forme alternative alla istituzionalizzazione che rappresentava la soluzione più comune a quel tempo. La legge 180 del 1978 con la chiusura degli ospedali psichiatrici sarebbe andata in questa direzione, ma dopo alcuni anni. Non si poteva aspettare una legge. Nello stesso tempo la semplice chiusura degli istituti, sollecitata da varie parti, a volte per ragioni ideologiche, non poteva essere una soluzione, se non si provvedeva alle persone. Ma con quali forme alternative? In questo clima maturarono alcune intuizioni di Aldina che portarono Casa S.Chiara nella direzione di servizi alternativi all'istituto per le persone portatrici di handicap: io le chiamerei le intuizoni del cuore. Le chiamerei le intuizioni del cuore quelle di Aldina che insieme ad altre persone che condividevano la stesso spirito incominciò a muoversi in questa direzione. Non un piano a tavolino, ma una risposta concreta alle persone che i vari enti, Provincia, il Comune, gli Istituti per minori facevano conoscere a Casa S. Chiara. La prima intuizione del cuore, nella linea della esperienza già avviata, indusse a offrire accoglienza in piccoli gruppi a ragazze con maggiori difficoltà, prive di nucleo famigliare, che venivano dimesse da istituti psicopedagogici o per le quali la via segnata era l'ospedale psichiatrico. Nel 1969 si aprì un gruppo famiglia, guidato da Silvia Cappucci in via Castiglione. Nel 1971 Aldina ne aprì un altro in via D''Azeglio, poi altri due nel 1972 nella sede storica di via Pescherie Vecchie, quando si chiuse la comunità delle ragazze lavoratrici avendo esaurito la sua funzione. Ne seguirono altri, animati nei primi anni da volontari tra cui ricordo Paola Rossi, Paolo Galassi, Camillo Neri, Aldo Costa, Giuseppina Cinti, Fortunato Viotto, e da tanti giovani obiettori di coscienza che svolgevano il servizio sostitutivo di quello militare (Casa S. Chiara fu tra i primi enti ad attuarlo nel 1977) con Daniele Guasti, Francesco Nardi, Antonio Bonora, Vincenzo Cosmi, Giuseppe Taddia, Giovanni Azzimondi e molti altri. Sono stati oltre 200 gli obiettori che hanno svolto il servizio alternativo a quello militare presso le strutture di Casa S. Chiara, e qualcuno siede anche nei banchi del Consiglio comunale. L'intento era quello di realizzare rapporti interpersonali ricchi di umanità in un clima di famiglia. L'accoglienza in una casa è stata la prima intuizione. Una esperienza anticipatrice di una soluzione oggi riconosciuta valida e suggerita anche sul piano assistenziale, quella di gruppi famiglia, prevista nella legge quadro 328 del 2000 sull'assistenza e anche dalla legge regionale, praticata da enti pubblici e privati con modalità e denominazioni diverse (case famiglia, gruppi appartamento, ecc..). Questa innovazione nel rispondere al bisogno dell'accoglienza attraverso un ambiente a dimensione familiare, insieme alla stessa denominazione di Casa S. Chiara, si ispira a quello che è lo spirito appunto di Casa S. Chiara. “Siamo convinti che la nostra società ha bisogno di essere risvegliata a dei compiti e a dei valori su cui fondarsi. Per questo ci proponiamo di realizzare esperienze di vita comunitaria fondate sulla giustizia, sul rispetto e sulla valorizzazione di ogni persona”, così si legge nel citato documento del 1973. Aldina ha avuto un'altra intuizione del cuore: il lavoro. Aldina è solita ripetere: beato chi al mattino sa che cosa fare e dove andare. Nella casa di vacanza a Sottocastello si imparava a conoscere ragazzi portatori di gravi handicap che i laboratori protetti non erano in grado di accogliere e tanto meno le aziende. Occorreva creare piccole strutture per accogliere giovani che non potevano restare tutto il giorno in casa a intristire facendo disperare i genitori. Poi c'era bisogno di farli incontrare con altre persone, di farli socializzare, superando l'emarginazione in cui si trovavano. Fu così che con alcuni volontari e obiettori di coscienza si avviò il centro diurno agricolo a Montechiaro nella ex-canonica disabitata da anni. Si era nel 1981. Nell'anno seguente si aprì il centro artigianale a Colunga che si è specializzato nella produzione di icone e successivamente, nel 1992 ,quello di Calcara. I centri diurni svolgono un'attività lavorativa proporzionata alle capacità delle persone e sono luogo di socializzazione, un servizio educativo di grande sostegno alle persone e alle famiglie. In questo ambito si affacciò l'esigenza di una particolare attenzione ai minori in età evolutiva portatori di gravi handicap a integrazione di quanto poteva essere fatto nella scuola dell'obbligo. Fu così che nel 1995, in sinergia con l'Opera educativa Andrea Bovi, si realizzò a Villanova di Castenaso il centro educativo-riabilitativo intitolato a Chicco Balboni, bambino che aveva adottato l'Aldina, con la trasformazione di un fienile e l’allestimento di altre strutture di proprietà dell'Opera Bovi. Successivamente nel 1999 si aprì un altro centro socio-educativo a Colunga. Sia nei gruppi famiglia che nei centri la massima preoccupazione rimane quella educativa e relazionale, una esigenza che è oggi a rischio se con l’obiettivo di ridurre la spesa assistenziale diventasse una regola la concentrazione dell'accoglienza e del lavoro in un'unica struttura, con numero anche rilevante di ospiti. Sarebbe un ritorno agli istituti tanto vituperati, una scelta sicuramente involutiva nel campo dell'assistenza sociale. C'è stata una terza intuizione del cuore in Aldina. Essa riguarda le vacanze e il tempo libero delle persone a rischio di emarginazione. La casa di Vacanze a Sottocastello di Cadore fu costruita nei mesi estivi dal 1970 al 1973 (ricorrono quest’anno i quarant’anni dall’apertura) con l’opera di tanti giovani volontari provenienti da varie parti d’Italia e di altre nazioni. Anche l’Abbé Pierre venne a dare il suo contributo con i giovani di Emmaus. L’intento era quello di offrire la possibilità di vacanza a persone portatrici di handicap, a giovani volontari, famiglie e gruppi giovanili parrocchiali in una esperienza di condivisione. Le vacanze come un diritto e un luogo in cui ciascuno possa sentirsi accolto. La casa di Sottocastello è un luogo in cui si conoscono meglio le realtà di tante persone emarginate, una grande palestra di volontariato. Da Sottocastello sono nate tante conoscenze ed è maturata ed è maturata la necessità di altre forme di intervento che Casa S.Chiara ha realizzato nel corso degli anni attraverso i gruppi e i centri diurni semiresidenziali. Ed è nato anche nel 1979 il Centro per il tempo libero “Il Ponte” che nel 1992 si è costituito in associazione di volontariato. Il centro è aperto tutti i giorni ed organizza le uscite alla domenica. E quasi a coronamento di queste iniziative la Bottega dei ragazzi per la vendita dei prodotti realizzati nei centri e la palestra a Villanova di Castenaso, per la quale è stata determinante la collaborazione del sindaco Maria Grazia Baruffaldi. Accoglienza, lavoro, tempo libero: su queste esigenze delle persone disabili, a rischio di emarginazione, si sono sviluppate le intuizioni del cuore di Aldina Balboni che sono state possibili grazie alla collaborazione di tante persone. I servizi a carattere strutturale hanno richiesto la collaborazione di personale dipendente, di educatori e di esperti in campo psicopedagogico e un rapporto istituzionale con gli Enti pubblici, i Comuni, le Unità sanitarie con una corresponsione di rette per le persone accolte nei gruppi famiglia e nei centri, mentre la casa di Sottocastello e il centro per il tempo libero Il Ponte si reggono essenzialmente sul volontariato. Ai collaboratori Aldina chiede di condividere l’ispirazione e gli obiettivi che hanno mosso Casa S. Chiara, svolgendo le attività in spirito di servizio e di condivisione. Quello che importa di più, è solita dire, è la laurea del cuore. Avviandomi alla conclusione vorrei rilevare l’importanza delle tre intuizioni del cuore sul piano sociale ed ecclesiale. I modi di rispondere ai problemi assistenziali nelle tre direzioni di intervento (la casa, il lavoro, il tempo libero) non sono nati da ragionamenti, ma dal cuore che ha portato a inventare nuove soluzioni per i bisogni delle persone. Le linee di intervento esprimono una solidarietà che si inserisce nella solidarietà e nella sussidiarietà affermate nella Costituzione Italiana; sono state riscoperte negli ultimi anni riconoscendo il pluralismo delle istituzioni in un concorso di tutte le realtà che operano nella società. Negli anni ’70 e anche in seguito per qualche tempo anni nelle politiche sociali prevaleva la visione dell’ente pubblico come unico gestore dei servizi, e si considerava l’ambito privato-sociale solo in funzione di supplenza. Casa S. Chiara ha sempre rivendicato un ruolo proprio nel rispondere ai bisogni delle persone e delle famiglie, nel pluralismo delle istituzioni e non solo nelle istituzioni. Ciò corrisponde al ai principi della sussidiarietà orizzontale in una moderna visione del welfare, che ispira anche la legge quadro sull'assistenza. Possiamo dire che le intuizioni del cuore hanno portato a inventare forme di intervento che si sono dimostrate valide anche sul piano sociale. Sul piano ecclesiale, direi che le soluzioni ispirate dalle tre intuizioni del cuore di Aldina corrispondono alle istanze di giustizia e di carità cresciute nella comunità cristiana, a partire dal Concilio Vaticano Secondo e dal convegno di Evangelizzazione e promozione umana del 1976 e con la Caritas italiana. La carità integra la giustizia. Come ricorda il Concilio, non si deve dare per carità quello che è dovuto per giustizia. La Chiesa di Bologna attraverso i suoi Pastori, dal cardinale Antonio Poma a Mons Enrico Manfredini, al cardinale Giacono Biffi e al cardinale Carlo Caffarra, ha sempre dato fiducia a Casa S. Chiara che con le sue esperienze innovative si è aggiunta ad altre esperienze significative nel campo della carità e dell’assistenza. Le intuizioni del cuore nascono quando c’è attenzione alla persona, non solo ai bisogni di ordine materiale, ma anche spirituale e relazionale, quando si riconosce nel fratello il volto di Gesù. 'Ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli l’avete fato a me'".
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